Bartolomeo Suardi detto il Bramantino (attr.), Cristo benedicente (Cristo salvatore)

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DATA: Ultimo decennio del XV secolo

TECNICA: Olio su tela

DIMENSIONI: cm 62x55

RESTAURO: 1969

PROVENIENZA:  Ritrovato da Lionello Venturi nei depositi della Galleria Nazionale delle Marche nel 1914.

INVENTARIO: INV. 1990 D 72

DESCRIZIONE: L’opera, ritrovata da Lionello Venturi nei depositi di Palazzo Ducale, si presentava coperta di carta e ridipinta, ma, grazie ad un’ottima operazione di restauro, è stata riportata alla luce l’altissima qualità pittorica, nonostante rimangano ampie lacune. Inizialmente attribuita a Melozzo da Forlì, di recente è stata ascritta a Bramantino, che sembra abbia soggiornato ad Urbino al seguito di Bramante. La figura del Cristo, di impianto monumentale e caratterizzata da una splendida geometria del viso, immoto e dolcissimo, colpisce per lo sguardo intenso e magnetico, con occhi quasi trasparenti. "La resa pittorica ottenuta da fitte pennellate" scrive Agnese Vastano, "lascia intravedere la trama sottile della tela ed è il mezzo attraverso il quale il pittore aumenta la forza suggestiva dell’immagine, con l’uso di una tavolozza ricca di toni bruni, dall’incarnato quasi olivastro del Cristo al rosso intenso della veste, al cobalto del manto, in un riverbero di luce che ci conduce al pensiero di un limpido tramonto". Dietro questa icona c’è sicuramente l’esempio illustre di Piero della Francesca e della sua celeberrima "Pala di Brera", perché la croce sembra copiata da quella tenuta in mano da san Francesco; analogie anche nella geometria del volume, nel gesto bloccato e nell’uso della luce, seppur attraverso un’originale interpretazione.

Recentemente Alessandro Marchi ha spostato l'attribuzione dell'opera da Bramantino a Bartolomeo della Gatta.