Joos Van Wassenhove detto Giusto di Gand, Comunione degli Apostoli

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DATA: 1473-1476

TECNICA: Olio su tavola

DIMENSIONI: cm 288x321

RESTAURO: Anni Settanta del Novecento

PROVENIENZA: Chiesa della Confraternita del Corpus Domini di Urbino; dal 1703 nella chiesa di Sant’Agata di Urbino, in seguito Collegio degli Scolopi di Urbino. Nelle collezioni della Galleria Nazionale delle Marche dal 1881.

DESCRIZIONE: La pala era stata inizialmente commissionata a Piero della Francesca, il quale non accettò l’incarico, che passò a Giusto di Gand. La scelta di un fiammingo fu probabilmente influenzata dalle preferenze artistiche del Duca Federico. Completa l’opera la predella con il “Miracolo dell’ostia profanata” dipinta da Paolo Uccello negli anni 1467-68. L’insieme era racchiuso entro un’unica cornice e i due pezzi furono separati prima dell’ingresso a Palazzo Ducale. La pala propone un tema figurativo piuttosto insolito, un’iconografia di origine bizantina, rarissima nell’arte occidentale (sia italiana sia nordica). Viene presentato il momento dell’istituzione dell’Eucarestia non attraverso l’illustrazione del passo evangelico, bensì privilegiando la trasposizione rituale dell’evento. Nella tavola è rappresentato Gesù in atto di distribuire la comunione agli apostoli, inginocchiati intorno a  lui e al tavolo-altare sul quale sono appoggiati, a sinistra, il vino e il calice (che alludono all’Eucaristia) e, a destra, un’ampolla d’acqua e una saliera (che alludono al Battesimo); lungo la stessa direttrice si possono notare, a terra, una brocca e un bacile, allusivi alla lavanda dei piedi. Sul lato destro, inoltre, si può riconoscere il Duca Federico, accompagnato dal piccolo Guidubaldo, in braccio alla balia (o forse Battista Sforza?), da alti dignitari (Ottaviano Ubaldini e Costanzo Sforza?) e da un personaggio in ricchi abiti orientali, probabilmente un medico ebreo di nome Isaac, ambasciatore dello Scià di Persia, convertitosi al Cristianesimo e battezzato a Urbino da papa Sisto IV. Assistono alla scena due angeli in volo. Molti studi hanno dimostrato che la complessa iconologia del dipinto, considerato nel suo insieme di pala e predella, è stata scelta non solo per esprimere particolare devozione verso l’Eucarestia, insita nell’intitolazione della confraternita committente, ma anche per riferirsi all’accesa polemica antiebraica, all’epoca molto diffusa. La tavola, che presenta scarsa unità compositiva e una certa sproporzione dei personaggi, forse anche a causa del grande formato, inconsueto per un artista fiammingo, colpisce per l’attenta resa micrografica degli oggetti e, nonostante i danni subiti nel tempo, un suggestivo uso del colore, con toni di rosso, verde, blu e grigio-azzurro stesi a larghe campiture sullo sfondo monocromo bruno.  Purtroppo lo stato di conservazione dell’opera risulta piuttosto precario a causa di un lavaggio effettuato con la soda.