Gli infortuni
print this pageAlla fine dell'Ottocento e inizio Novecento non c'era in Sardegna un'attenzione per la salute e la prevenzione degli infortuni degli operai: esisteva una Legge Mineraria del 1859 in cui erano indicati provvedimenti a tutela degli infortuni che aveva scarsa efficacia e applicazione. In quegli anni le forme di assicurazione erano a contribuzione volontaria o privata e, perciò, scarsamente sottoscritte dagli operai a causa del costo elevato. Nel 1898 vennero istituite l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e la cassa nazionale di previdenza per invalidità e vecchiaia che, in Sardegna, portarono alla nascita del Sindacato per gli infortuni sul lavoro nella coltivazione delle miniere. L'argomento acquistò ampio spazio a seguito dell'eccidio di Buggerru del 1904, che determinò la nomina di una Commissione parlamentare d'inchiesta che analizzava la condizione degli operai minerari in Sardegna.
Nelle miniere sarde accadevano spesso infortuni più o meno gravi, talora mortali, come nel caso della strage del 1871.
Quando si verificavano incidenti non particolarmente gravi si ricorreva alle cure mediche in loco o presso l'ospedale più vicino; nei casi di morte, invece, veniva avviata un'indagine da parte delle autorità preposte per accertare i fatti e le responsabilità.
Montevecchio, date le dimensioni e la lunga attività, tra le miniere sarde è quella che registrò più infortuni, in particolare mortali. Negli anni Trenta gli ordini di servizio prescrivevano la denuncia di infortunio entro ventiquattro ore dallo stesso. L'infermeria teneva un registro sul quale venivano annotate tutte le denunce comunicate dai cantieri per telefono e raccolti i dati personali, nome, cognome, matricola, giorno, ora, cantiere e tipo di infortunio. Dai registri si evince che la casistica era varia: ferite, contusioni, fratture, traumi cranici, cadute; la maggior parte erano di lieve entità a mani e piedi.
Con l'avvento dei mezzi meccanici gli incidenti si aggravarono perché causati anche dall'elettricità.