Le trasformazioni del paesaggio

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A metà Ottocento il territorio si presentava quasi del tutto disabitato, interamente coperto di vegetazione mediterranea e frequentato dai pastori arburesi che vi possedevano qualche casupola per il ricovero notturno. Nei primi anni dall'ottenimento della concessione vennero costruiti i primi cameroni nei cantieri attivi, per permettere ai lavoratori di riposare; in seguito baracche e casette in muratura per permettere agli operai di portare con loro la famiglia.

Nella seconda metà dell'Ottocento, il villaggio era composto da vasti e alti fabbricati in solida muratura: l'abitazione del direttore e degli ospiti, gli uffici tecnici e d'amministrazione, gli alloggi degli impiegati, le sale mensa e riunione, il magazzino degli attrezzi, le stalle, le rimesse, la chiesa con annesso il fabbricato per le scuole, l'ospedale, gli alloggi sparsi per gli operai (provenienti dalle province lombarde e piemontesi) uniti quasi tutti in società di mutuo soccorso, gli alloggi delle famiglie dei manovali composte da capanne isolate realizzate con rami e fronde, coperte da foglie secche e con tetto acuminato.

Le gallerie si estendevano in gran parte del territorio (circa trenta chilometri), collegate tra loro da strade carreggiabili e i cui ingressi, in gruppi di due o tre, si affacciavano sui piazzali, che subivano mutamenti continui col procedere dei lavori.

Nel Novecento, soprattutto in epoca fascista, nacquero i primi quartieri, l'azienda agricola, il circolo impiegati con la mensa, il dopolavoro e le scuole, i campi sportivi  e vennero ristrutturati anche l'ospedale e gli spacci aziendali.

s.d. = senza data