La strage del 1871

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Il 4 maggio 1871 nel cantiere di Atzuni, nelle miniere di Montevecchio, morirono undici tra donne e bambine.
Dal rapporto dell'epoca, inviato l'8 maggio dal Sottoprefetto di Iglesias al Prefetto di Cagliari, si evince che l'incidente avvenne alle 6.30 della sera, al rientro di trenta donne e bambine al dormitorio, dopo una giornata di lavoro. Il serbatoio di ottanta metri cubi, recentemente collocato al di sopra della struttura per rifornire la laveria, cedette sotto il peso dell'acqua e ruppe il muro del dormitorio investendo le donne, causando la morte di undici persone e ferendone altre quattro. L'elenco delle donne decedute riporta la provenienza e l'età: molte di loro erano originarie di Arbus e Guspini e avevano un' età compresa tra i dieci e i cinquanta anni. Secondo il Sottoprefetto Reggente Rominelli il “maggior danno” lo ebbero due madri che lasciarono orfani rispettivamente due e tre figli ancora in tenera età. Sulle cause, la perizia giudiziaria eseguita non diede né “colpa né imprevidenza”, raccontando che lo stesso ingegnere passeggiava fiducioso sull'argine rovinato del serbatoio fino a pochi minuti prima della catastrofe, giustificando così l'accidentalità del caso.
Le indagini svolte da autorità locali e dal Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio, concordarono nello scagionare la direzione aziendale da ogni responsabilità. A causa della carenza di personale, non furono accordate le visite ispettive per prevenire gli infortuni, come richiesto dal prefetto di Cagliari. In pochi mesi il serbatoio e il dormitorio vennero ricostruiti nel medesimo posto e il direttore di Montevecchio, l'Ingegnere Giorgio Asproni, il 18 giugno dello stesso anno, chiese un sopralluogo da parte del Genio Civile per il nulla osta alla loro utilizzazione.