Dalla terra alla luna. Elide Casali

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«Raccolta» vol. 1835. Armadio Y. I. 12. Il Ciabattino Astronomo. Pronostico Per L’Anno 1835. In Forlì Presso Luigi Bordandini nella Piazza del Duomo. Foglio volante, particolare.L’arrivo del tour “Sapori in Biblioteca” a Forlì ha rappresentato un motivo di profonda soddisfazione per la cultura della città dove, presso la Biblioteca Comunale Aurelio Saffi, sono conservate le «Raccolte Piancastelli», l’Archivio storico della Romagna per eccellenza, una ricchezza di materiali  –  non solo cartacei – alla cui valorizzazione sono votati i «Quaderni Piancastelli» (Bologna, il Mulino), pubblicati a partire dal 2003. Mentre tra i molti tesori inestimabili conservati nei fondi antichi della Biblioteca Comunale spiccano i numerosi volumi, impreziositi da raffinate tavole illustrative, del frate naturalista forlivese Cesare Majoli (1746-1823), che figurano anche in Agricoltura e alimentazione, pubblicazione curata da Zita Zanardi.[1]

Il libro di Zita Zanardi è un’antologia di “antichi testi”, “classici” di “agricoltura e di alimentazione” dell’Emilia Romagna, che si possono definire “in negativo”: essi non appartengono, infatti, alla letteratura del canone, non trovano spazio nelle storie e nelle antologie della letteratura italiana. Essi rientrano nella tradizione di “testi non propriamente letterari”, secondo la definizione di Piero Camporesi.«Raccolta» vol. 1833. Armadio Y. I. 9. Il Luminare Del Giorno. Lunario Nuovo Per L’Anno 1833. Forlì Presso Matteo Casali Stampatore e Libraio in via Fornò al n. 1074. Foglio volante, particolare.

La struttura del libro presenta una mappa complessa, le cui sezioni si configurano come sentieri segnati nell’intricato bosco di una produzione compresa in un ampio arco cronologico, dal Medioevo ai primi decenni del Novecento. Per citare un titolo di Umberto Eco, è ammirevole che Zita Zanardi abbia sfidato la “vertigine della lista” dei testi che deve aver consultato per questo volume. La curatrice ha compiuto un’impresa coraggiosa nel muoversi in una fitta foresta che sembra senza confini; nel compiere scelte mirate e oculate tra materiali ricchi e preziosi per quantità e qualità, relativi a un tema ampio e frastagliato come quello che dà il titolo al volume. Agricoltura e alimentazione è il risultato di una speciale alchimia, operata da chi possiede una straordinaria familiarità con i libri, tra i quali si muove con impeccabile competenza.

Il lettore viene guidato attraverso un percorso composto da specifici generi e diverse forme letterarie, che si apre con i «Manuali e trattati» di agronomia, ossia i libri rei rusticae: da Pier de’ Crescenzi (1233-1320, che visse parte della sua vita ai tempi di Dante e fu contemporaneo di Guido Bonatti, che a Bologna aveva studiato la scienza dei cieli) fino a Luigi Maccaferri di Massa Lombarda (1834-1903), autore de La migliore delle industrie agricole (Bologna 1884). Seguono i «Libri di sanità», relativi all’ars medendi, a partire dal De regimine sanitatis di Nicola Bertuccio (m. 1347), bolognese, allievo e successore del famoso anatomista Mondino de’Liuzzi a Bologna, fino all’Istoria botanica di Giacomo Zanoni (sec. XVII) e a Cesare Majoli. La terza sezione, dedicata alle «Dissertazioni», comprende testi tecnico-scientifici su prodotti e singoli generi alimentari, sulle forme della produzione e della lavorazione dei cibi di origine vegetale e animale. Pagine su caccia, valle, apicoltura, viticoltura e vinificazione, panificazione, conservazione dei frutti e dei prodotti della terra, produzione del sale (Cervia), norcineria, sono documentate da scritti che vanno dalle Lettere sulle insalate del medico naturalista Costanzo Felici (sec. XVI) alla Breve relazione … per la fabbricazione dei salumi suini di Medardo Bassi (1840-1905). Il cuore del volume è composto dai «Ricettari e “libri di casa”» compresi tra il XVI e l’inizio del XX secolo: dall’istruzione del gentiluomo trinciante Giovan Francesco Colle (sec. XVI) all’«arte di mangiar bene» di Pellegrino Artusi (1820-1911), fino a Salvatore Ghinelli (1873-1939, L’apprendista cuciniere, 1928) e ad Augusto Majani (1867-1959, Nei regni della gastronomia,1925). Nella sezione successiva, «Leggi regolamenti, inchieste», è antologizzato un interessante campionario di scritture ufficiali (tra cui bandi e notificazioni), relative al controllo della preparazione dei cibi e del bere, della pesca, della caccia, delle saline, della navigazione sul Po, del rifornimento delle derrate alimentari. La produzione letteraria di «Lunari e almanacchi», poi, viene esemplificata da testi a partire dal cinquecentesco Pronostico di Giacomo Pietramellara per il 1524 (con riferimento alla grande giunzione dei pianeti nel segno dei pesci) fino al «Luneri di Smembar» (1844-45), guide fondamentali per ogni forma di attività produttiva che in età preindustriale si credeva fosse regolata dagli influssi del mondo “lunare”, del luminare di notte e dei  pianeti. Infine il tema «Agricoltura e alimentazione» appare illustrato attraverso documenti iconografici e letterari nella parte dedicata a «Arti e letteratura», con materiali figurativi di grande fascino, come quelli tratti dalle Opere manuali delle monache di Bologna (sec. XVII) e dalle incisioni L’arti per via di Giuseppe Maria Mitelli (1634-1718). Ad essi si aggiungono testi letterari di Sabadino degli Arienti (1445ca-1510) del cantastorie di San Giovanni in Persiceto, Giulio Cesare Croce (1650-1609), fino a La piada di Giovanni Pascoli (1855-1912) e all’Andreana di Marino Moretti (1885-1979).

I “classici” presentati appartengono a un ricchissimo archivio di “fonti” e di “documenti”, “strumenti” di studio e di ricerca. La «Bibliografia», posta a conclusione del volume, dimostra l’intenso dialogo intrattenuto in gran parte nel secolo scorso, da intellettuali e studiosi di diversa configurazione culturale con testi che s’inscrivono nella tipologia di quelli accolti e presentati nell’antologia. Sono serviti e servono, infatti, allo studio della storia dell’agronomia, delle tecniche agricole e del paesaggio agrario, dell’alimentazione, dei rapporti di produzione, alla storia sociale, alla storia della medicina, dell’arte profumatoria e degli odori.

«Raccolta» vol. 1832. Armadio Y. I. 6. Giornale di Gabinetto Per L’Anno Bisestile 1832. S.n.t. Bordandini Foglio volante, particolare. Un particolare motivo di orgoglio per Forlì sta nel fatto che ebbero importanti legami con la città studiosi che nel secondo Novecento hanno saputo, in modo pionieristico, nuovo e originale, interrogare molti dei libri antologizzati da Zita Zanardi, e insieme a quelli molti altri dello stesso genere che per ovvie ragioni non hanno trovato spazio in Agricoltura e alimentazione. Lucio Gambi (1920-2006), geografo e storico di fama internazionale; Carlo Poni (1927) esperto di storia economica, autore del libro Fossi e cavedagne benedicon le campagne, studi di storia rurale (1982), un classico che ha fatto epoca. Piero Camporesi (1926-1997), italianista, che a un certo punto del suo percorso intellettuale, sfidando le leggi accademiche della ricerca storica e letteraria, esce dai binari disciplinari, costruendo mirabili affreschi di storia sociale, di letteratura “popolare” e di antropologia, che ha saputo porre all’attenzione in ambito sia accademico che divulgativo, in territorio nazionale e internazionale. Non a caso il titolo di questa conversazione forlivese si ispira all’opera camporesiana che, dall’edizione per i classici di Einaudi del 1970 della Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, ai saggi raccolti nel volume Alimentazione folclore e società (1980, poi rivisto e ampliato in La terra e la luna, 1989); da Il pane selvaggio (1980) a Il sugo della vita (1984), costituisce un passaggio obbligato per qualsiasi studio sulla storia del “popolare”, l’antropologia e il folclore, la vita rurale e l’alimentazione, l’immaginario collettivo e la medicina.

Tra i titoli antologizzati in Agricoltura e alimentazione sono compresi molti dei “miei” “classici” se - come scrive Italo Calvino - «si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati», che «esercitano un’influenza particolare sia quando s’impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale».[2] In particolare, il “mio” classico per eccellenza è quello che compare al n. 4 della prima sezione, Il giovane ben creato di Bernardino Carroli da Ravenna (1583). Lo definisco “mio” perché, pur con l’inesperienza ma anche con l’intraprendenza di giovane studiosa, guidata da eccelsi maestri, nei primi anni Settata del secolo scorso ho avuto la ventura di disseppellirlo dal fondo delle “Raccolte Piancastelli”, dopo averlo individuato sul repertorio Memorie storico-critiche degli scrittori ravennati di Pietro Paolo Ginanni (Faenza 1769, ad vocem), mentre ero alla ricerca di testi di scienza e di tecnica nella tradizione di Romagna. L’ho poi studiato per sette anni e l’ho fatto conoscere nel 1982 con il mio primo libro Il villano dirozzato;[3] infine l’ho posto al sicuro dalla dimenticanza con un’edizione moderna, pubblicata nel 2004 tra i classici della letteratura italiana, «minori», ma pur sempre classici, nella collana dell’editore ravennate Alfio Longo.[4]

Gli altri classici che in qualche modo sento “miei”, sono raccolti in un’intera sezione dell’antologia, quella in cui figurano lunari e almanacchi, onde di un mare magnum dai fascinosi fondali, in cui mi sono immersa fin dai miei primi studi universitari e dai quali non sono ancora riemersa, continuando a scoprire meraviglie inattese.[5]

I libri rei rusticae mi sono stati familiari non solo per tutti gli anni in cui ho studiato Il giovane ben creato di Carroli, ma anche per lungo tempo ancora, quando sono tornata sul tema agronomico in rapporto alla cucina e all’alimentazione, all’astrologia e alla meteorologia.[6] Indelebili ricordi sono legati a pagine di molti di essi, come quelle che si riferiscono alle “stagioni” della luna (le fasi lunari) nei Ruralia commoda di Pier De Crescenzi; quelle de L’economia del cittadino in villa (1644) di Vincenzo Tanara, dedicate al sole e alla luna, al calendario stagionale degli alimenti; al testamento del porco, riportato anche nel volume curato da Zita Zanardi.[7]

Uno degli aspetti più interessanti dello studio della letteratura agronomica risiede nel fatto che essa contribuisce a ricomporre in modo più articolato le dinamiche delle società rurali d’Ancient Régime; a portare alla luce il conflitto tra cultura “popolare” e subalterna e cultura d’élite e ufficiale, declinato oltre che all’agronomia (res rustica), all’alimentazione (res coquinaria) e alla pronosticazione (res divinatoria).