La tradizione agricola e alimentare in Emilia Romagna. Antonio Michele Stanca
print this pageAgricoltura e alimentazione in Emilia Romagna. Antologia di antichi testi, a cura di Zita Zanardi, Modena, Artestampa, 2015*
Sforzo notevole è stato compiuto per raccogliere in unico volume opere che testimoniano la tradizione agricola e alimentare nella regione a partire dalle colture tradizionali, dall’introduzione di nuove specie addomesticate, alle tecniche di produzione, le consuetudini agro alimentari, la legislazione, la poesia e interessanti curiosità.
Il volume ha inizio con i lavori dell’agronomo bolognese Pietro de’ Crescenzi nel XIII secolo e si concludono con quelli del XIX e inizio XX.
L’opera può considerarsi una vera antologia e tutto ciò che viene riportato è sicuramente presente in una delle biblioteche operanti sul territorio da Cattolica a Piacenza. Manca il contributo della Biblioteca dell’Accademia Nazionale di Agricoltura di Bologna, perché nel periodo di preparazione dell’opera la biblioteca era chiusa per riordino.
Questo volume è articolato in Sezioni, ognuna composta da schede che sintetizzano i lavori di singoli autori, con la descrizione dell’argomento specifico e la localizzazione del testo originale.
Chi erano gli studiosi che hanno lasciato questi straordinari lavori? In genere si è trattato di persone appartenenti al mondo della chiesa di elevata cultura, di medici, medici-naturalisti, medici-filosofi, giureconsulti, grandi cuochi, speziali, poeti.
Per entrare nel cuore dell’opera ho cercato, per ogni sezione, di cogliere le schede più significative e rappresentative. Devo dire che tutte avrebbero meritato il doveroso commento, ma avremmo impiegato qualche giorno per la presentazione.
*Il volume è già disponibile nella versione web qui, nella sezione intitolata "Il progetto ispiratore".Manuali e trattati
Sono opere di tipo generale che riportano il contributo dei diversi autori alla storia dell’agricoltura e dell’alimentazione in Emilia Romagna.
E’ un vero piacere esordire con un naturalista della statura di Pietro de’ Crescenzi. Sembrerebbe che, con il de Crescenzi, dopo le grandi innovazioni del Periodo Romano, l’Agronomia italiana sia finalmente rinata. Nel 1304 pubblica “Ruralium Commodorum Libri XII”, dodici libri dedicati a tutte le attività agricole compresa la coltivazione e cura dei giardini. Con l’applicazione delle tecniche agronomiche di giardinaggio si determina la struttura del moderno paesaggio rurale italiano. Nel sesto libro egli descrive le virtù delle erbe coltivate e selvatiche, rifacendosi a Matteo Plateario della Scuola Medica Salernitana. Non mancano, negli ultimi libri, i suggerimenti per una buona pratica del governo delle api, degli animali di bassa corte e della caccia.
In quello stesso periodo nasce la Poesiarustica in lingua volgare, mista a forme dialettali bolognesi, di Paganino Bonafede. Una cura particolare viene dedicata alla istruzione dei giovani all’arte dell’agricoltura: infatti non mancano trattati in questo settore, con un esempio molto elegante, di Bernardino Carroli, che pubblica il suo libro Istruzione del giovane ben creato.
Nel 1592 un testo completo di agricoltura, che spazia dalla natura del terreno alla fatica dell’agricoltore, alla vendemmia, alla potatura ed agli innesti, viene pubblicato da Marco Bussato col titolo Giardino di Agricoltura. Naturalmente molti libri vengono scritti da ecclesiastici: un Carmelitano piacentino, Giuseppe Falcone (1597) contribuì ad accrescere le conoscenze di agricoltura e zootecnia con un linguaggio essenziale e di facile accesso agli addetti ai lavori. Il suo manuale prende spunto dai testi greci, latini e italiani, viene pubblicato a Pavia nel 1597, ed è oggi conservato nella Biblioteca Passerini Landi.
Non mancano manuali sui cambiamenti climatici e le inondazioni nel Bolognese. Un opuscolo di Ottavio Salaroli (1590) descrive le cause delle inondazioni, i danni causati e le sistemazioni adeguate. Sempre nel settore della Idrologia, Marsili (1658), studioso di oceanografia, si dedica allo studio delle aree palustri e getta la prime basi per la coltivazione del riso in ER. Individua anche le specie erbacee ed arboree che meglio si adattano in questi ambienti, e la loro utilizzazione. Un aspetto interessante riguarda l’uso dei rami giovani di specie palustri per costruire borse, ceste, culle e gabbie per la pesca.
Un manuale monumentale è quello di Tanara (1669): l’opera è organizzata in 7 libri, ognuno dei quali abbraccia un settore specifico dell’agricoltura e della caccia.
Nel 1710 il parroco Chendi, medico e botanico, si dedica alla gestione diretta delle proprietà parrocchiali, e da questa esperienza pubblica il volume l’opera Il vero campagnuolo ferrarese in cui definisce quasi scientificamente la tecnica della preparazione della salama da sugo e l’allevamento del vitigno Uva d’Oro.
L’abate Battarra - filosofo - (1710), è autore dell’opera Pratica agraria, scritta in forma di dialogo con i due figli. E’ certo un’opera degna di lettura, perché pone alcuni punti fermi, non solo sulla pratica agricola, ma nella descrizione di fenomeni sociali e modi di vivere che oggi ci farebbero meditare. Per esempio pone in evidenza l’importanza dell’istruzione agraria “…per migliorare l’usato metodo della coltivazione o per tentar nuove esperienze…”; descrive ai figli come la famiglia dei contadini, nell’anno di carestia, utilizzava radici, rametti e ghiande per trasformarle in pane! Per la prima volta parla dell’introduzione di un “tartufo bianco”, la patata. Interessanti sono anche i suoi primi studi sulla cura dell’uliveto e dell’olio in Romagna. Indica inoltre come esempi da non seguire “le costumanze e le superstizioni dei contadini” e definisce la ricetta per preparare la polenta. Battara è riconosciuto come il pioniere della scienza folcloristica italiana.
Il principe degli agronomi italiani è considerato Filippo Re (1763). Egli attiva studi e ricerche avanzate e porta la cultura agraria italiana a livello europeo. Professore presso l’Università di Bologna, fu anche segretario della Società Agraria di Bologna (oggi Accademia di Agricoltura di Bologna). Introduce nei suoi insegnamenti i nuovi concetti di fisiologia vegetale, chimica e botanica come basi fondamentali per l’innovazione delle pratiche della coltivazione. La sua opera più interessante è L’ortolano dirozzato, con la quale getta le basi della moderna orticoltura.
Carlo Berti Pichat (1799) fu un instancabile divulgatore e uomo di vastissima cultura. Aveva subito l’influsso degli enciclopedici e, parlando del ”pregio dell’agricoltura” descrive le tecnologie sviluppatesi nelle diverse epoche nei Paesi del bacino del Mediterraneo. Egli considerava il XIX secolo come punto di partenza, durante il quale l’agricoltura, elevandosi alla sua vera natura di arte e scienza, sarebbe stata destinata a perfezionarsi per far fronte all’aumento della popolazione.
A Massa Lombarda nel 1811 viene pubblicato, in francese, ad opera di Crud il Trattato di Economia teorica e pratica dell’agricoltura. Tale testo fu adottato in tutte le scuole di agricoltura francesi. Pur apprezzando l’opera, Cosimo Ridolfi rimproverava all’autore di non aver tradotto il testo in italiano perché avrebbe avuto un effetto “magico” sugli agricoltori italiani. Sempre Ridolfi commenta come, in Italia, la mancanza di lettura dei giornali e dei libri di agronomia ci relegava ad avere ancora Virgilio come punto di riferimento.
Sempre a Massa Lombarda nasce la scuola di frutticoltura industriale con Luigi Maccaferri (1834).
Libri di sanitÃ
Naturalmente l’elemento cardine di questa sezione è il cibo, ed in particolare il rapporto tra alimentazione e salute. Si approfondiscono gli studi sulle proprietà delle piante selvatiche ed addomesticate, e nasce l’erboristeria nei monasteri. Inizialmente la raccolta delle erbe avveniva secondo le stagioni, ma successivamente i monaci impararono a coltivare le diverse specie e ad utilizzarle tutto l’anno. Nascono libri di “Secreti”, che rappresentavano le enciclopedie per la preparazione dei medicinali.
Michele Savonarola (1384), nonno di Girolamo, spazia dall’uso di erbe alle acque termali, in particolare quelle di Abano, al sistema di cottura delle carni, sino alla distillazione dell’acquavite. Il libro si trova pressola Passerini Landi.
Un grande divulgatore è stato Leonardo Fioravanti (1517). Scrisse molto, e le sue opere furono tradotte in latino, inglese, francese e tedesco. Fu definito personaggio a metà tra il medico geniale e il ciarlatano. Il suo Compendio è un’opera eccezionale, poiché tratta anche la produzione di prodotti di bellezza della donna, di alimenti raffinati e di medicinali. Nasce in questo periodo l’uso di sostanze per alleviare il dolore, e quindi le prime forme di anestesia.
Baldassarre Pisanelli (1535) pubblica il Trattato, compendio completo di grande successo perché scritto in forma semplice e di facile consultazione. Si concentra sugli alimenti anche per scopi salutistici: simpatica è la descrizione delle ostriche, dove conclude ”… risveglia l’appetito, accresce il coito, ma non nutrisce”.
Naturalmente non mancano in quel periodo grandi polemiche tra i medici sull’uso degli alimenti per curare le malattie; teniamo presente però che spesso si trattava di medici, filosofi, oratori, storici. Fra questi ultimi spicca Girolamo Rossi (1539), che si dedica alla distillazione in tutte le sue forme, compresa quella dell’oro. Nella sua opera elenca i rimedi ai diversi mali, e partecipa ai grandi dibattiti, tra cui la Disputatio de melonibus nella quale si dibatte sulle proprietà del melone, ponendosi la domanda “se conviene bere acqua o vino dopo aver mangiato questo frutto!”. E la sua risposta è “vino”, contrariamente a quanto sostenuto comunemente in precedenza.
Un dibattito interessante occupa ampio spazio, nel 1700, intorno alla dieta vegetariana con Giovanni Bianchi. Si riporta che già Pitagora la praticasse; Vincenzo Corrado esalta questo sistema alimentare nel Cuoco galante, e lancia per la prima volta, nel 1773, la dieta Mediterranea.
Non mancano a quel tempo libri, ritenuti scientifici, sugli avvertimenti sulla salute e per prolungare la vita. In genere tutti però partono dagli scritti di Dioscoride e da opere di origine araba.
La figura dello speziale assume una posizione sempre più importante di collaborazione con il medico. Nasce a Ferrarala Farmacopea, e vengono definite le unità di misura per la preparazione dei farmaci. L’importanza delle acque termali – Salsomaggiore, Tabiano, Porretta, Salvarola, Brisighella..- per la cura di diverse malattie viene esaltata, così come l’uso di sorgenti di acque minerali con proprietà benefiche per la salute umana.
Viene quindi definito il valore etico dello speziale, descritto da Saladino Ferro di Ascoli, medico speziale, di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo (figlio di Raimondello e Maria d’Enghien), conte di Soleto e principe di Taranto: “Privo di superbia e di pomposità, o dedito alle donne, al vino, e alla vanità, sobrio quindi sotto tutti i punti di vista, soprattutto verso i poveri, e deve dimostrare di essere dotto e ben conoscere la sua arte”.
Volumi interi vengono dedicati al modo di coltivare le specie ad azione medicinale, in particolare il peperoncino. Per la prima volta al mondo nascono in Italia, annessi alle Università, gli Orti Botanici, dove nuove specie da tutto il mondo vengono coltivate per usi medicinali.
Dissertazioni
Sezione dedicata alle opere che trattano in maniera specifica delle singole colture e singoli generi alimentari.
I documenti più importanti si trovano nei trattati pubblicati tra i secoli XVII e XIX, riguardanti in modo particolare la coltivazione del grano, grano turco, riso e patata. Ma tutte le specie vengono studiate, comprese quelle minori come il fico e l’anice. Alle innovazioni nel settore agronomico e alimentare,si aggiunge in quel periodo il tema del paesaggio. Benché intense trasformazioni nel corso dei secoli abbiano segnato il paesaggio della RER a favore dell’agricoltura, non mancano esempi di conservazione di ampie aree naturali, a tutt’oggi ben protette. Elegante è la descrizione delle pinete ravennati, cui Pascoli attribuisce il titolo di “ selva oscura” della Divina Commedia.
Tornando alle singole specie, come già detto molto è stato dedicato al frumento, ma in modo particolare alla nuova specie, il mais, chiamato anche formentone, con cariossidi di colore giallo, ma anche nero, rosso e bianco. Questo cereale è stato sin dall’inizio alimento dei poveri.
Il riso viene introdotto dagli Estensi e si afferma come risorsa preziosa, non solo come alimento ma anche perché dava occupazione a bambini e donne. Sempre nel ‘700 molto intensa è l’attività di descrizione e studio dei funghi.
Il castagno occupa ampio spazio: ne vengono descritte tutte le varietà e modi di coltivazione, a partire dai monti di Porretta, sino ai marroni di Campora. Questo frutto ha ispirato ad Annibale Carracci due opere: “Vende marroni” e “Marroni allessi”.
Uno studio molto approfondito viene dedicato alla patata “frutto del diavolo”. Dopo la sua introduzione come alimento degli animali, solo nel ‘700 comincia ad essere utilizzato come tubero commestibile. Viene trasformata in diversi modi, tra cui come pane, in miscela con farina di grano. Alessandro Volta contribuisce alla diffusione di questa specie mediante l’introduzione di nuove popolazioni dalla Svizzera. Vengono codificate le basi della tecnica colturale in diversi opuscoli, Istruzioni agli agricoltori, e nascono le prime consociazioni patata-mais. Alla patata si ricorre nei periodi di carestia: il cardinale di Bologna, nel 1817, chiede agli agronomi di diffonderne la coltivazione in pieno campo per garantire la sopravvivenza del popolo. La patata si allontana dall’orto e si insedia prepotentemente nei campi!
La vite e il vino occupano uno spazio notevole nella produzione, ma anche nella cultura della regione. Sante Lancerio (sec. XVI, ferrarese) rivestì l’incarico di Bottigliere presso la corte di papa Paolo III Farnese. Il suo compito era quello di curare la scelta e l’approvvigionamento dei vini da servire al papa. Nel 1536 descrive un viaggio da Roma a Nizza, con sosta a Parma- non fa buoni vini – Da qui a Borgo San Donnino – buoni vini del signor Canino – poi a Fiorenzuola – fa buoni vinetti -, a Castell’Arquato – fa vini perfettissimi -. Da Fiorenzuola giunge a Piacenza per la pasqua in pompa magna – vini non buoni, eccetto quelli delle ville montuose -.Quindi il papa alloggia a Castel San Giovanni – vino non buono -.
Nel 1700 la coltivazione delle viti viene descritta dal piacentino Giulio Bramieri, oltre alla tecnica colturale vengono descritte le diverse varietà. Qualche anno dopo Bramieri, Maini pubblica il catalogo delle varietà coltivate Modena e Reggio, e descrive il metodo per produrre il Lambrusco modenese, e il sistema di allevamento a piantata su olmo. Alla vite e al vino si affianca l’aceto balsamico di Modena, inventato (sua dichiarazione!) da Geminiano Grimelli, un oppositore di Darwin. Interessanti sono anche le schede per la preparazione dei liquori, sino all’ultimo, il Bargnolino, riconosciuto come prodotto tipico piacentino.
Alla fine del ’600 vengono descritte le caratteristiche e le proprietà mediche del caffè, the, cioccolata, salvia, rosmarino, acquavite, in combinazione anche con chiodi di garofano, pepe, cannella, vaniglia.
Dibattiti si sono tenuti sul ruolo del caffè come bevanda: alcuni ritengono che il caffè “smorzi i sensi di Venere”, mentre per altri è un potente afrodisiaco.
Il pane viene descritto in tutte le sue forme: nasce il pane “sovventivo”, che riguarda tutte le forme alternative al pane di frumento in tempo di carestie. Un’intensa attività artigianale si sviluppa per produrre sughi, mostarde, spongate, la torta di S. Michele e la torta degli ebrei, mentre nelle valli di Comacchio la pesca delle anguille diventa attività dominante, così come a Cervia la produzione del sale. In un manuale viene descritta la salina, dalla sua scoperta alla forma, separazione dei sali, raccolta e commercio. Nascono le prime industrie di trasformazione dei prodotti agricoli, utilizzando principalmente il vapore: mortadelle, insaccati vari, sino ai culatelli, cotti e crudi. Un trattato specifico viene dedicato al parmigiano-reggiano: nella pergamena di Varola (1100) viene descritto il processo per ottenere un formaggio a pasta dura di latte vaccino. Boccaccio conferma la data di nascita del Parmigiano, descrivendo la contrada del Bengodi nella Novella terza “… eravi una montagna di formaggio parmigiano grattugiato..”
Possiamo concludere questa sezione con l’arte della caccia, che a quei tempi aveva un ruolo importante nell’approvvigionamento di cibo.
Nasce a Bologna l’Osservatorio Ornitologico; nel secolo scorso Alessandro Chigi sviluppa studi ancor oggi avanzati sulla migrazione degli uccelli.
Ricettari e libri della casa
Si tratta di scritti lasciati da cuochi, pasticceri, bottiglieri. L’affinamento e la preparazione di pietanze compaiono nella cucina emiliano-romagnola durante il periodo rinascimentale, grazie alla raffinatezza delle corti. Storicamente il Signore si circondava di figure di alto profilo nelle diverse arti, grazie allo spirito di mecenatismo. Tutto si doveva coronare con la sua capacità di accogliere e stupire con le sue mense sontuose. Viene riportato il modo con cui si articolava il banchetto, nelle diverse discipline e competenze: nascono i cuochi e capocuochi, gli scalchi, i credenzieri e trincianti. In ogni settore troviamo opere di grande interesse e raffinatezza, nelle quali si riporta l’abilità di valorizzare le migliori tradizioni locali, anche con la capacità di contaminarle con esperienze culinarie straniere.
Nel ‘600 però si ha il progressivo tramonto delle corti padane, e si instaura un nuovo approccio, più pratico ed economico, della cucina, ma nello stesso tempo si va alla ricerca del cuoco francese. Nella corte Parmense si raggiunge un alto livello di raffinatezza gastronomica per la presenza del cuoco Antonio Maria Dalli; a Piacenza opera Luigi Naldi, che scrive 4 volumi, conservati pressola Passerini Landi, dove annotava i menù che quotidianamente prepara per i suoi signori, Conti Douglas Scotti di Vigoleno. Viene riportata una scheda con il menù della vigilia di Natale del 1848 e del giorno di Natale 1849.
Famiglie di cuochi si tramandano l’arte e rilasciano ricette per confezionare vivande e dolci, e conservare frutta. Interessante è la scheda a pag. 244 sul tortellino e tutte le sue varianti, e la descrizione delle cerase brusche di Modena, la bomba di riso, zampone alla modenese, amaretti di Spilimberto, fritto cosiddetto arbazzone.
Nell’Ottocento vengono pubblicati volumi che riprendono tutta la letteratura culinaria dal XIV secolo, e a fine Ottocento Salvatore Ghinelli pubblica un volume dal titolo L’apprendista cuciniere. Manuale pratico per famiglie, ristoranti, alberghi e pensioni.
L’arte culinaria raggiunge l’apice nell’Ottocento con l’opera di Artusi e Guerrini.
Leggi, regolamenti, inchieste
Riguardano gli elaborati delle autorità governative, ma anche statuti di corporazioni del settore alimentare, come quello dei salsicciai di Modena. Tra i compiti vi è quello del controllo rigoroso delle materie prime, gli strumenti di lavoro, le tecniche di lavorazione, ed inoltre i modelli per la lotta alle contraffazioni. E’ anche intenso il controllo della produzione, commercio, e approvvigionamento delle derrate alimentari per poter garantire cibo a tutta la popolazione dei diversi Stati: Parma Piacenza Guastalla, Pontificio, Estensi. La circolazione delle derrate è però resa difficile dalle frequenti carestie.
Di gran significato sociale è il trattato “Della Pubblica Felicità” del Muratori nel1700, inparticolare con il monito ai governanti “… si hanno a ricordare questi deputati, che il principal loro guardo ha da essere in difesa del povero popolo, perché i benestanti per lo più non comperano pane: lo comperano i poveri. I mercanti e i benestanti non pensano che a vendere il più caro che possono le loro derrate. I fornai …”. Chi proteggerà la povera gente se non coloro che per ordine del principe sovrintendono l’annona? Nasce quindi un sistema per regolamentare il commercio del grano. Compaiono le prime inchieste agrarie, la più importante delle quali viene accesa nel Ducato di Parma e Piacenza a fine Settecento, circa la situazione dell’agricoltore nei territori del Ducato. Un’altra importante è promossa dopo l’unità d’Italia sulle condizioni dell’agricoltura e della navigazione del Po: troviamo quasi 30 schede riguardanti regolamenti per le derrate alimentari per singole città. Ferdinando I di Borbone Parma istituisce nei suoi territori quella che oggi possiamo definire “tutela del consumatore”, poiché emana il nuovo regolamento per definire le tariffe del “pan venale”. Anche la caccia viene regolata: a Piacenza nel 1697 viene emanato un provvedimento che la vieta nei possedimenti del Duca di Parma e Piacenza. Sempre in questo periodo a Bologna viene bandito il commercio di viole e rose, che dovevano essere destinate alla produzione di sostanze medicamentose.
La sezione si conclude con la relazione del marchese Luigi Tanari, agronomo, circa le condizioni dell’agricoltura nella circoscrizione di Forlì Ravenna Ferrara Modena, Reggio e Parma (1886). Infine registriamo gli interessanti Atti della Commissione per lo studio della navigazione interna della valle del Po: da Torino al mare. Vengono censiti 266 mulini!
Lunari ed almanacchi
Costituiti da opuscoli e manifesti che codificano la saggezza popolare, contengono informazioni utili per la coltivazione e l’alimentazione (clima, semina, potatura, proverbi e detti popolari, fiere, ricette, rimedi naturali per le malattie e incidenti domestici). I primi esempi scritti nascono nel XV e XVI secolo, ma nel Settecento e Ottocento diventano veicolo di alfabetizzazione e divulgazione tra il popolo. Il formato, sotto forma di manifesto o libretto, li rende di facile consultazione. Vengono compilati annualmente come Lunari, perché seguono i movimenti della luna, e come calendari, ed infine come almanacchi, in cui si riporta l’andamento meteorologico: primo esempio di previsioni del tempo. Molti sono stati i Maestri che annualmente aggiornano i loro Manifesti, ed in ogni località vengono dettagliati gli interventi per le singole specie, nonché gli influssi dell’anno bisestile. E’ qui doveroso ricordare Citaredo Urbinati e Giulio Cesare Croci. A Piacenza nell’Ottocento Niccolò Arcesi stampa il Solitario piacentino.
Arti e letteratura
Vengono proposte opere di pittura, incisione, musica e poesia, rivolte al cibo o ai mestieri coinvolti nella produzione di alimenti. In quattro pagine si descrivono le diverse figure, dal trippaio al venditore di cacio, fegati e teste di pollo, nonché una scheda Elogio del porco; l’opera più prestigiosa è quella di Sabatino degli Arienti Hymeneus Bentivolus, dedicata a Giovanni Bentivoglio per il matrimonio del figlio, dove si fa il resoconto della sfarzosa cerimonia, completa della descrizione dei cibi offerti agli invitati. Tiberio Pandola (XVI sec.) notaio piacentino, nel suo opuscolo riporta il Banchetto con Giostre organizzato dal duca Ottavio Farnese per il Carnevale del 1561: in tre pagine sono elencate tutte le portate di insalate, pesci e salami, carne, verdure, e per concludere dolci e frutta cotta e fresca. Giovanbattista Sbalbi descrive la cioccolata in rime toscane: questo alimento in Emilia si identifica con la ditta Majani, ancor oggi floridamente attiva! Il diario di Francesco Majani riporta la storia di questo laboratorio. Non mancano ovviamente i sonetti sui tortellini. Carlo Rognoni raccoglie in un volumetto proverbi agrari e meteorologici del Parmigiano. A lui si ispirano successivamente figure di agronomi come Bizzozzero. Pascoli traduce in lirica cose semplici come le castagne, la polenta, le galline, dando loro dignità poetica.
Agricoltura e alimentazione in Emilia Romagna può considerarsi una vera antologia: tutto ciò che viene riportato è presente in almeno una delle biblioteche citate, da Cattolica a Piacenza. Il volume non segnala pubblicazioni opera di donne, ad eccezione di alcuni Ordini di suore, autrici principalmente di ricette di dolci e marmellate. La lettura è piana e piacevole, ed è consigliata a tutti per ricavarne un aggiornamento storico su agricoltura, alimentazione e vita sociale del periodo trattato. Una particolare cura è stata dedicata alle schede descrittive e alle stampe di ottima ed elegante risoluzione nelle diverse sezioni. Spero tanto in una capillare divulgazione anche al di fuori dei confini regionali, ma in modo particolare lo consiglio e raccomando a professori e studenti degli Istituti tecnici agrari ed alberghieri.
Nato a Soleto (Lecce) nel 1942, Antonio Michele Stanca ha conseguito la laurea in Scienze agrarie presso l’Università degli studi di Bari. Autore di innumerevoli pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali, attualmente è Professore a contratto di Miglioramento genetico e OGM in agricoltura presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.Membro del Nucleo di Valutazione di Unisalento, è docente dell’Advanced Course on Plant Breeding presso il Ciheam di Saragoza. E’ stato anche docente presso l’Università di Milano, l’Università Cattolica S. Cuore di Piacenza e l’INAT di Tunisi.Membro della scuola di dottorato di Biologia Vegetale dell’Università di Parma e dell’Università di Modena e Reggio Emilia.Membro dell'Accademia nazionale di agricoltura di Bologna e dell’Accademia dei Georgofili di Firenze, è inoltre Presidente dell’Unione Italiana delle Accademie per le Scienze Applicate allo Sviluppo dell’Agricoltura, alla Sicurezza Alimentare e alla Tutela Ambientale – UNASA.