Assunzione della Vergine

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TECNICA: Olio su tela

DIMENSIONI: cm 239x171

DATA: 1604-1605 circa

RESTAURO: 1979, ad opera di Giuliano Rettori.

 

Il dipinto era la più importante opera, rimasta allo stato di abbozzo, tra quelle presenti nello studio del Barocci al momento della sua morte. Sono ancora ignote le circostanze che determinarono l’esecuzione di questa tela, che, viste le notevoli dimensioni, era stata certamente concepita come pala d’altare; secondo Andrea Emiliani era forse destinata alla chiesa Nuova di Roma, che ospita altri due dipinti dell’artista, ma tale ipotesi non è suffragata da documenti. Alla morte di Federico la tela fu ereditata dal nipote Ambrogio Barocci; nel 1658 fu notata dall’arcidiacono Staccoli, incaricato da Leopoldo de’ Medici di segnalargli opere d’arte da acquistare. In realtà l’"Assunzione" non entrò a far parte delle collezioni medicee, ma, poco tempo dopo, fu comprata dalla famiglia Albani, presso cui rimase fino agli ultimi eredi, i Castelbarco Albani. Nel 1980 è stata infine acquistata dallo Stato italiano ed è andata ad arricchire il gruppo di opere del Barocci conservata nella Galleria Nazionale delle Marche.

L’opera è stata preceduta da un copioso numero di disegni e cartoni preparatori, la maggior parte dei quali conservati al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi. Trattandosi di un abbozzo, dà la possibilità di comprendere nel dettaglio la tecnica pittorica tipica dell’artista, che ha dato alla tela una preparazione bruna di fondo, trasferendovi poi il disegno del cartone tramite l’utilizzo di uno stilo. Ha delineato il chiaroscuro attraverso zone di luce e ombra per poi iniziare la vera e propria colorazione, sia ad ampie campiture di colore vivo, con tinte quali il rosso, il verde e l’arancio, sia con velature più delicate e trasparenti. Nel bozzetto domina un penetrante senso di estasi, ottenuto grazie ad un equilibrio perfetto e circolare tra movimento, luce e sentimento. Tutto converge su Maria, fulcro devozionale ed emozionale, che ascende al cielo avvolta da una luminosità irresistibile, che squarcia le nuvole, tra le quali gli angeli quasi si confondono diventando evanescenti; l’artista crea inoltre un effetto quasi barocco di sipario che si apre sulla figura protagonista.

Gli apostoli, disposti intorno al sepolcro aperto, sono studiati con grande cura nelle loro pose ed espressioni: alcuni osservano rapiti Maria, altri si scambiano impressioni sulla scena cui stanno assistendo, due di loro baciano devotamente il sepolcro. Da notare, per lo studio luministico e cromatico, il giovane apostolo al centro sullo sfondo, che si fa ombra con la mano e i mantelli cangianti dei personaggi in primo piano, ottenuti con una sapiente e lirica orchestrazione di tonalità rosse, arancioni, verdi e bianche.

A proposito di questa ultima, grande impresa del vecchio maestro urbinate, così scrive Maria Claudia Caldari: "Interprete sensibile e penetrante del tema mariano, con intuizioni anticipatrici dell’arte barocca, l’artista sa qui associare alla suggestione della stesura materica un iridescente effetto di dissolvenza cromatica e luministica, giocata sul cangiantismo delle lacche e sull’accordo audace di toni freddi e cupi con accenti crepuscolari, fino all’abbagliante luce dorata che incornicia il viso della Vergine e al rosso insistito del panneggio della sua veste, punto focale del messaggio emozionale ed iconografico".