La crocifissione e i dolenti

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TECNICA: Olio su tela

DIMENSIONI: cm 288x161

DATA: 1566-1567

RESTAURO: 1969, intervento calibrato volto alla riduzione delle vecchie svelature

 

L’opera, commissionata dal conte Pietro Bonarelli della Rovere, cortigiano di Guidobaldo II e membro dell’Accademia degli Assorditi, fu realizzata tra il 1566 e il 1567 per la cappella di patronato all’interno della chiesa del Crocifisso Miracoloso di Urbino, oggi non più esistente. Nel 1637 la tela fu donata ai padri Filippini e nel 1861 fu acquistata dallo Stato italiano in seguito alla soppressione dei conventi.

Nel dipinto sono rappresentati Cristo crocifisso, tra due angeli che raccolgono il suo sangue e, nel registro inferiore, la Madonna e san Giovanni addolorati. Si noti in particolare lo sfondo, in cui il Barocci raffigura per la prima volta il paesaggio urbinate, colto dal suo studio in via San Giovanni: si riconoscono la Data, il primo bastione della città e la strada che la aggira. È inoltre presente un elemento non urbinate, il tempio circolare del Bramante di San Pietro in Montorio (Roma), che il Barocci riproporrà come omaggio simbolico, in altre opere successive. L’artista ha riassunto un insieme di tendenze eterogenee, adattandole alla propria sensibilità e al gusto del vero: si notino la violenza michelangiolesca dei gesti della Madonna e di san Giovanni, la compostezza dei volti tutta raffaellesca ed infine la morbidezza dei panneggi sottolineata da un cromatismo delicato che si avvicina a Correggio. Sicuramente Barocci ha tratto ispirazione anche dalla “Crocifissione” di Tiziano, realizzata per Ancona nel 1558, raggiungendo la più alta celebrazione della pittura dell’artista cadorino, evidente nella forte emozione luministica e cromatica che caratterizza la figura del Cristo e dei due angeli. Grazie ai numerosi disegni preparatori, conservati attualmente a Firenze, Parigi, Berlino, Urbania, Londra, Washington, Monaco e Cambridge, è possibile comprendere il lungo iter ideativo dell’artista.

Il tema della Crocifissione fu riproposto da Barocci in altre occasioni, in particolare si segnala nelle Marche l’opera conservata presso l’Oratorio della Morte di Urbino.