Immacolata concezione

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TECNICA: Olio su tela

DIMENSIONI: cm 217x144

DATA: 1575 circa

RESTAURO: 1972 ad opera di Martino e Anna Oberto.

 

Il dipinto fu commissionato all’artista dalla Compagnia dell’Immacolata Concezione per il proprio altare nella chiesa urbinate di San Francesco. In seguito alla soppressione degli ordini religiosi, nel 1866 entrò a far parte delle collezioni della Galleria Nazionale delle Marche. L’opera è citata nel “Libro delle Notizie del Convento di San Francesco”, ma senza alcuna precisazione circa la data della commissione. Nonostante l’intervento di restauro del 1972, la tela purtroppo non mostra ottime condizioni di conservazione, come testimoniato anche da tutta la tradizione storiografica; il Bellori ricorda che lo stesso Barocci, che aveva eseguito l’opera a guazzo, negli ultimi anni della sua vita intervenne sulla tela e la ridipinse ad olio.

L’artista inizialmente concepì la composizione in modo diverso rispetto alla redazione finale, come si evince dal disegno conservato presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, in cui è rappresentata Maria secondo l’iconografia della Madonna della Misericordia, con l’ampio mantello spalancato per proteggere i fedeli. Questa formulazione era evidentemente quella richiesta dai committenti, che diedero poi al Barocci la possibilità di attuare qualche cambiamento; l’artista scelse così un tema meno arcaico e caratterizzato da maggiore vitalità. Il passaggio da una composizione all’altra avvenne, come sempre in Barocci, per progressive sperimentazioni grafiche.

La Vergine è ritratta in un equilibrio celeste, in piedi sulla mezza luna, invocata dagli astanti e circondata da un gruppo di cherubini, disposti in maniera simmetrica ad incorniciare l’immagine. Raffinatissima è la resa del panneggio, le cui pieghe evidenziano la forma del corpo di Maria. Si noti poi la delicata cromia, con finissime lumeggiature. Ogni dettaglio contribuisce ad esaltare la grazia della Madonna e l’eleganza dei suoi gesti. In basso, intorno a lei, sono raffigurati i fedeli, rigorosamente separati per sesso, che la invocano e contemplano con sguardo profondamente devoto. Secondo il Bellori potrebbero esservi effigiati i membri della confraternita, mentre per il Lazzari sarebbero alcuni componenti della famiglia Ambrosi.

Il modo in cui Barocci costruisce l’immagine, in una generale atmosfera di poetico intimismo, determina un particolare coinvolgimento dello spettatore, che si lega intensamente alla cerchia dei personaggi ritratti, a loro volta molto vicini a Maria. Il riguardante sembra entrare in quel gruppo e partecipare all’intimo colloquio, diventando quasi un ritratto tra i ritratti, anch’egli sfiorato appena dall’ombra originata dal gesto poetico della mano protettrice di Maria.

Tra i fedeli sono particolarmente intensi l’uomo e la donna che occupano il proscenio. Lui, che indossa una casacca color ocra da cui spunta la gorgiera bianca, contempla Maria e tiene le braccia incrociate sul petto. La donna, elegantemente abbigliata con un abito a righe e con il capo coperto da un velo bianco, che lascia intravedere una gemma, sostiene maternamente la sua bambina e sembra sussurrarle qualcosa, come a portare sulla Madonna l’attenzione e la preghiera della piccola. Questo delicato dettaglio domestico del dipinto è stato poi isolato dall’artista in un quadro a sé stante, oggi in una collezione privata, con l’intento di realizzare un ritratto di famiglia di intima soavità, probabilmente su richiesta del committente, che voleva farne un omaggio alla sua consorte. Di questa immagine della mamma che stringe la figlia, stranamente, non sono pervenute testimonianze grafiche.