XI. Storiografia

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Nei secoli centrali del Medioevo, fino alle soglie della Modernità, la storiografia in volgare, l’epica e il romanzo mostrano tipologie testuali differenti. Tuttavia essi presentano forme di contaminazione reciproca che si collegano sia alle attese della committenza e alle affinità tematiche e contenutistiche, sia all’impiego, in parte, delle stesse tecniche retorico-compositive.

La percezione della differenza che separa il discorso storico dal discorso di finzione gioca un ruolo importante nella scrittura e nella ricezione delle opere. «La storia è narrazione di imprese, grazie alle quali si conoscono le vicende avvenute nel passato». Così Isidoro di Siviglia (44. BANLC, 46 F 13 nella sezione VI) definisce la storiografia, sottolineando la sua dimensione narrativa e la funzione conoscitiva: è fondata su dati veritieri, diversamente dall’epica e dal romanzo. Isidoro fornisce anche un canone degli storici autorevoli della tradizione classico-cristiana: Mosè, Darete Frigio, Erodoto (84. Ang. gr. 83), Sallustio (85. BANLC, 44 C 6), Livio (86. BAV, Reg. lat. 719), Eusebio e Girolamo (88. BAV, Vat. lat. 241). Un peso determinante nella cultura storica occidentale in epoca medievale ha però anche un testo trascurato da Isidoro: l’Historia adversus paganos di Orosio (89. BANLC, 43 C 9). È una rilettura cristiana e agostiniana, ben presente anche a Dante (Paradiso, X, v. 119), della storia antica del mondo e del ruolo svolto dall’impero romano. Nel XII secolo, Giovanni di Salisbury (1110/1120-1180), il grande umanista del regno di Enrico II (1133-1189), alla cui corte si sviluppa anche il romanzo in versi, riprende in modo ben più articolato e approfondito le idee di Isidoro. Per Giovanni di Salisbury gli storici sono assolutamente necessari al Potere (à Policraticus, Il potere degli scrittori). Assicurano la trasmissione della verità dei fatti e con ciò dimostrano l’insostituibile funzione sociale della Tradizione e degli stessi scrittori: «Gli esempi degli antenati che sono incitamento alla virtù non sarebbero preservati, se la pia sollecitudine degli scrittori e la loro trionfatrice diligenza non li avesse trasmessi ai posteri». È una funzione ben chiara a un altro grande re-mecenate come Alfonso X il Savio (1252-1284) che cento anni dopo, nella General estoria (96. BAV, Urb. lat. 539), chiarisce esplicitamente il ruolo di committenza del Potere (vd. sotto Alfonso X el Sabio, General estoria, Proemio, Il potere e la committenza).

La storia spiega e legittima il presente non solo alla corte di Enrico II o di Alfonso X. Roma rappresenta per l’intera Europa, e in particolare per l’Italia, un polo di attrazione continua (si veda il manoscritto 90. BNCR, V. E. 1119 con i Mirabilia urbis Romae e l’Historia romana o le motivazioni addotte dal fiorentino Giovanni Villani per spiegare le ragioni della sua Nuova Cronica, 97. BAV, Chig. L VIII 296), fino ovviamente all’Umanesimo (un esempio particolarmente significativo l’Erodiano tradotto da Poliziano, 98. BANLC, 48 A 12): anche in Francia (si vedano i Fait des Romains, 93. BAV, Reg. lat. 893), ove si producono grandi affreschi d’impianto universalistico (Histoire ancienne jusqu'à César, 92. Casan. 233), mentre altri testi mettono risolutamente al centro le problematiche del presente, come le Crociate. Si veda l’Estoire de la Guerre Sainte di Ambroise (91. BAV, Reg. lat. 1659) e il manoscritto contenente la Regola prima e costituzioni anni 1177-1287 dell’Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme (95. BAV, Vat. lat. 4852), oppure la Chronique des ducs de Normandie, in prosa (94. BAV, Reg. lat. 936), che sviluppando una prospettiva “regionale” narra la conquista della Normandia da parte di Filippo Augusto re di Francia (1204) e il definitivo predominio capetingio dopo la battaglia di Bouvines (1214).

 

Giovanni di Salisbury, PolicraticusIl potere degli scrittori

«Chi conoscerebbe gli Alessandri e i Cesari o potrebbe ammirare i Peripatetici, se non li avesse resi celebri il ricordo degli scrittori? Quanti re credi che sarebbero esistiti sui quali non vi sarebbe nessun discorso o pensiero?»

 

Alfonso X el Sabio, General estoria, Proemio, Il potere e la committenza

«El rey faze un libro non por quel él le escriva con sus manos mas porque compone las razones d’él e las emienda et yegua e endereça e muestra la manera de cómo se deven fazer, e desí escrívelas qui él manda. Peró dezimos por esta razón que el rey faze el libro.»

"Il re fa un libro, non nel senso che lo scrive con le sue mani, ma perché ne idea i contenuti, li emenda, li armonizza e li ordina e mostra come si devono scrivere; e così lo scrive la persona che lui ha incaricato. Per questa ragione diciamo che il re scrive il libro."

Libri esposti: 84. Erodoto, Storie; 85. Sallustio, Catilinarie, Bellum Iughurtinum, volg. di Bartolomeo da S. Concordio; 86. Prima decade di Tito Livio, trad. di Pierre Bersuire; 87. Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni, volg. di Pier Candido Decembrio; 88. Eusebio di Cesarea, Chronicon; 89. Paolo Orosio, La storia contro i pagani, volg. di Bono Giamboni; 90. Mirabilia urbis Romae; Historia Romana; componimenti provenzali; 91. Ambroise, Estoire de la Guerre Sainte; 92. Histoire ancienne jusqu'à César; 93. Fait des Romains; 94. Chronique de Turpin; Chronique des ducs de Normandie; 95. Statuti di S. Giovanni di Gerusalemme; 96. Alfonso X, General estoria; 97. Giovanni Villani, Nuova Cronica; 98. Erodiano, Historia de imperio post Marcum, trad. di A. Poliziano.