IX. Aristotelismo

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Il corpus delle opere di Aristotele ha costituito in Europa la spina dorsale del passaggio dal Medioevo alla Modernità (vd. sotto Dante, Convivio, I, i 1, Aristotele: tutti gli uomini desiderano di sapere). Entrato nell’Occidente latino nel XII secolo attraverso le prime traduzioni latine dall’arabo, fu quasi integralmente tradotto nel XIII secolo, nel contesto di un duro scontro fra idealismo cristiano e razionalismo greco. In contrasto col misticismo della tradizione patristica e platonico-agostiniana, Aristotele offriva alla nascente civiltà urbana le grandi linee di un sistema filosofico e fisico compatibile con la ragione, permettendo di inserire il sapere in una sintesi razionale e di pensare al proprio tempo nei termini nuovi di un progresso nella tradizione (vd. sotto Giovanni di Salisbury, Metalogicon, III, iv, Tradizione e progresso). Le traduzioni del XII e XIII secolo rivelarono a chierici e laici un corpus di opere che teneva rigorosamente assieme metafisica, cosmologia, fisica, antropologia, logica, etica, politica, sino alla zoologia e alla botanica (71. BNCR, V. E. 796). Traduzioni che avevano a loro volta come fondamentale sostegno interpretativo la traduzione dei commentari di Averroè, grande pensatore dell'Islam (75. BANLC, 54 F 17). Tommaso d’Aquino (76. BANLC, 46 D 8), mediante una altrettanto vasta e meticolosa serie di commentari, si diede il compito di trovare un accordo tra filosofia aristotelica e rivelazione cristiana, innestando le strutture metafisiche, logiche e fisiche desunte da Aristotele nella teologia, conferendole con la sua Summa statuto di scienza. Da questa vincente formula di reciproca compatibilità nacque e si diffuse negli Studia teleologici e nelle università il cosiddetto aristotelismo scolastico. Un abito culturale prevalente in tutta Europa dall’umanesimo al tardo rinascimento ma tra tensioni laiche averroistiche che quella formula di compatibilità misero in discussione. Decisivo al riguardo sarà il crollo, per effetto della rivoluzione copernicana e della fisica galileiana, della cosmologia aristotelica e tolemaica cui tenne dietro quello, definitivo, della metafisica.

Giovanni di Salisbury, Metalogicon, III, iv, Tradizione e progresso

«Il nostro tempo utilizza i benefici del precedente, e spesso conosce più cose non per esservi giunta con il proprio ingegno, ma usufruendo di forze esterne e dell’opulenta dottrina dei padri. Diceva Bernardo di Chartres che noi siamo come nani che siedono sulle spalle di giganti, di modo che possiamo vedere più cose e più lontano di loro, non per acutezza della nostra vista o per l’altezza del corpo, ma perché siamo sollevati e innalzati a gigantesca grandezza. Chi infatti è contento di ciò che lo stesso Aristotele insegna nel trattato Dell’interpretazione? Chi non aggiunge elementi tratti da altre fonti? Tutti infatti raccolgono ogni elemento possibile (summam) dell’intera arte e lo spiegano con parole facili. Rivestono infatti i concetti degli autori di un esercizio quotidiano, che in certo modo è più brillante se è adornato dal prestigio dell’antichità.»

 

Dante, Convivio, I, i 1, Aristotele: tutti gli uomini desiderano di sapere

«Sì come dice lo Filosofo nel principio de la Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed è che ciascuna cosa, da providenza di propria natura impinta è inclinabile a la sua propria perfezione; onde, acciò che la scienza è ultima perfezione de la nostra anima, ne la quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti.»

Libri esposti: 71. Aristotele, Libri naturales; 72. Aristotele, Meteorologica; 73. Aristotele, Ethica, commento di L. Bruni; 74. Aristotele, Ethica, volgarizzamento di T. Alderotti; 75. Aristotele, Physica, con commento di Averroè; 76. Tommaso d'Aquino, Summa theologiae.