Il primo canone

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BANLC, 44 G 3, Dante, Divina Commedia, inc. PurgatorioLe “tre corone”

Insieme alla Commedia dantesca, la lirica di Petrarca e la narrativa di Boccaccio vengono a costituire il primo canone della letteratura italiana e rappresentano per secoli un punto di riferimento per l’intera letteratura europea.

Dante (1265-1321) con la Commedia tenta una riflessione globale sull’esperienza umana, condotta dal punto di vista assoluto di un viaggio ultraterreno, che consente una visione complessiva sul proprio tempo e su tutta la storia umana. Il personaggio Dante, che dice “Io” ponendosi come rappresentante penitenziale dell’intera umanità, avanza una concezione dell’opera letteraria come mondo parallelo a quello “reale”, ma di questo più vero: è infatti dopo la morte che secondo il cristianesimo viene rivelata dal giudizio divino la vera “figura” dell’uomo (secondo i principi dell’allegorismo figurale cristiano). Per questo la Commedia non ha veri precedenti: è la summa poetica di tutta la cultura e la tradizione classico-cristiana e medievale, vagliate dal punto di vista di un Autore-giudice che si pone come “creatore” di un nuovo mondo, letterario, completamente autonomo dalle vicissitudini di quello terreno, che pure rimane il suo costante punto di riferimento. L’impatto dell’opera è immediato e pervasivo, nella tradizione orale e in quella scritta (cfr. XVI. Dante).

Petrarca (1304-1374) e Boccaccio (1313-1375) comprendono l’eccezionalità e novità dell’operazione dantesca; ritengono quindi ineludibile il confronto con la Commedia, che nelle loro maggiori opere in volgare (cfr. XVII. Petrarca e XVIII. Boccaccio) assumono come modello profondo dei loro capolavori (nella struttura e nei percorsi), pur praticando entrambi generi letterari diversi. Petrarca, dopo la crisi seguita alla distruttiva peste del 1348, riprende il discorso lirico là dove l’aveva lasciato Dante nella Vita nuova (144. BANLC, 44 E 34). Alla Commedia contrappone il Canzoniere (154. BAV, Vat. lat. 3195), un nuovo Libro, tutto lirico, in cui traccia analiticamente la storia della sua crisi esistenziale: del suo Io diviso, del «doppio uomo che è in lui.»

Boccaccio, anch’egli partendo dalla peste del 1348 (un avvenimento epocale per l’intera Europa), affronta un genere ritenuto “minore”, la novellistica. Ne amplifica gli orizzonti, fino a farne una sorta di Commedia umana che si affianca a quella “divina” di Dante, della quale aveva compreso la potenza di rappresentazione “realistica” del mondo.

Petrarca e Boccaccio sviluppano un’idea che sta alla base della Commedia: analizzare e rivelare ai lettori i problemi del Soggetto attraverso l’opera letteraria, affermando così un’idea di letteratura veicolo di conoscenza, utile ed autonoma. A Boccaccio risale l’idea che Dante, Petrarca e lui stesso formino un nuovo canone (si vedano i manoscritti 150. BAV, Chig. L V 176 e 151. BAV, Chig. L VI 213, ma anche 160. BAV, Vat. lat. 3197, autografo di Pietro Bembo, con Dante e Petrarca insieme nella ricostruzione cinquecentesca di Fulvio Orsini), le cosiddette “tre corone” (il primo canone letterario dell’Europa moderna): tutti e tre offrono, da diverse angolazioni, un’interpretazione complessiva della cultura del loro tempo e una proposta liberatoria per l’umanità, recuperando con ciò anche il valore profondo della lezione dei classici.

 

I viaggi

L’esilio, il viaggio, l’incontro con culture diverse sono un altro tratto fondamentale che accomuna i tre grandi. Partono dalla Toscana, luogo di nascita, per il mondo, con varia fortuna. Senza l’esilio e le peregrinazioni dantesche non avremmo avuto la Commedia, ma senza Avignone, Napoli e i viaggi e soggiorni di Petrarca e Boccaccio, in Italia e in Europa, non avremmo avuto il Canzoniere e il Decameron e neppure la riscoperta dei classici e l’Umanesimo (Mappa Viaggi di Dante, Petrarca e Boccaccio).