XVI. Dante

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Prima della Commedia

La Vita nuova (144. BANLC, 44 E 34) raccoglie una parte delle liriche composte da Dante a Firenze prima dell’esilio, inserendole in una storia (quella di un singolare amore per una giovinetta, Beatrice, morta precocemente). La Vita nuova (1293-94) è mista di prosa e poesia (come la Consolazione della filosofia di Boezio, 41. BANLC, 43 D 24 nella sezione V), ma può essere considerato il primo “canzoniere” della lirica europea, in quanto rielaborazione narrativamente finalizzata di liriche già esistenti. Punto centrale dell’opera è la scoperta della propria beatitudine nelle parole che lodano la donna amata (Beatrice = beatitudine, vd. sotto Dante, Vita Nuova, XVIII, 6-8, La scoperta della Poesia), non nel rapporto con la donna amata come persona fisica. Da quel momento la lirica diviene cosciente esaltazione della parola poetica come valore in sé, indipendentemente dall’ottenimento dei favori della donna; anzi, proprio la morte di Beatrice confermerà il valore simbolico della giovinetta amata, rendendola un’icona della cultura europea (anche figurativa) fino ad oggi.

Con la condanna all’esilio (1302), Dante, poeta-intellettuale cittadino, è violentemente proiettato in una dimensione regionale e “nazionale” ed è costretto a un riorientamento dei suoi interessi. Con i suoi trattati di poetica (De vulgari eloquentia, cfr. il ms. 10. BAV, Reg. lat. 1370 nella sezione I) e di filosofia (Convivio, 145. BAV, Barb. lat. 4086), tenta di accreditarsi come modello esemplare di filosofo e uomo di cultura: in particolare, con il Convivio si propone di “mediare” in volgare, ad un pubblico incolto, i più elevati contenuti filosofici (vd. sotto Dante, Monarchia, I, i, L’intellettuale “impegnato”). Con la Monarchia, in latino, a Commedia già avanzata, proporrà invece un trattato di teoria politica e culturale di grande impatto: condannata dalla Chiesa, la Monarchia sarà poi significativamente tradotta in ambiente umanistico da Marsilio Ficino (146. Vall. F 91).

 

La Commedia

Un modello analogo al Convivio, ma ancora più originale e alto viene riproposto a livello poetico con la Commedia (147. BANLC, 44 G 3, 148. BAV, Barb. lat. 4079), nella quale Dante immagina di compiere un viaggio spirituale e penitenziale nell’Aldilà, per speciale grazia divina, nel 1300 (anno di svolgimento del primo Giubileo). Le visioni delle pene e dei premi assegnati da Dio alle anime scandiscono altrettante tappe di una riflessione critica sui peccati propri e di tutta l’umanità: da Adamo ed Eva alla contemporaneità, in un’unica dimensione spazio-temporale, che consente di riassumere nel poema l’intera tradizione culturale classico-cristiana e medievale. Assegnando premi e castighi per speciale investitura divina, l’autore si propone come giudice e come un nuovo Mosè (a sua volta “figura” di Cristo), che intende portare in salvo il popolo cristiano oltre il Mar Rosso della crisi in cui versava a suo avviso il mondo contemporaneo. Nel Paradiso (XXVII, vv. 63-66) sarà lo stesso s. Pietro a conferirgli il potere e il dovere di riferire e svelare nel mondo il Vero appreso nell’Aldilà, fino alla stessa visione di Dio (vd. sotto Dante, Commedia, Il Poeta-Vate). Per Dante la Commedia – il Libro che propone un nuovo mondo, letterario, parallelo e più “vero” di quello reale ‒ va letta e interpretata come la Bibbia, il gran Libro di Dio: secondo un livello letterale e uno allegorico-spirituale. Per l’autore il testo nasce dunque quasi insieme al commento (nell’Epistola di Dante a Cangrande della Scala) e così avviene dopo la sua pubblicazione: è immediatamente riconosciuto come un classico da interpretare, interrogare e riprodurre (Boccaccio ne fu assiduo copista e interprete, come dimostra il ms. 149. BAV, Vat. lat. 3199, donato a Petrarca, ma si vedano anche 150. BAV, Chig. L V 176 e 151. BAV, Chig. L VI 213). Per i numerosi commenti, anche a stampa, si veda quello di Cristoforo Landino (152. BANLC, 51 G 3). Di Dante, diversamente da Petrarca e Boccaccio, non possediamo però neppure uno scritto autografo o una firma, anche a causa delle sue difficili vicissitudini biografiche.

Dante, Monarchia, I, i, L’intellettuale “impegnato”

«Ritengo che a tutti gli uomini, in quanto chiamati dall’alto all’amore della verità, questo soprattutto debba stare a cuore: di lavorare per i posteri in modo che i posteri possano trarre dalle loro fatiche quello stesso vantaggio che essi hanno tratto dalle fatiche degli antichi.»

 

Dante, Commedia, Il Poeta-Vate

Pd., XXV, 1-12

«Se mai continga che 'l poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra, / sì che m'ha fatto per molti anni macro, // vinca la crudeltà che fuor mi serra / del bello ovile ov'io dormi' agnello, / nimico ai lupi che li danno guerra, // con altra voce omai, con altro vello / ritornerò poeta, e in sul fonte / del mio battesmo prenderò 'l cappello; // però che ne la fede, che fa conte / l'anime a Dio, quivi intra' io, e poi / Pietro per lei sì mi girò la fronte.»

 

Pd., XXVII, 64-66

«e tu, figliuol, che per lo mortal pondo / ancor giù tornerai, apri la bocca, / e non asconder quel ch’io non ascondo.»

 

Pd., XXXIII, 121-132

«Oh quanto è corto il dire e come fioco / al mio concetto! e questo, a quel ch’i’ vidi, / è tanto, che non basta a dicer ‘poco’. // O luce etterna che sola in te sidi, / sola t’intendi, e da te intelletta / e intendente te ami e arridi! // Quella circulazion che sì concetta / pareva in te come lume reflesso, / da li occhi miei alquanto circunspetta, // dentro da sé, del suo colore stesso, / mi parve pinta de la nostra effige: / per che ’l mio viso in lei tutto era messo.»

Libri esposti: 144. Vita Nuova; 145. Convivio; 146. Monarchia, volg. di Marsilio Ficino; 147. Commedia con Pietro Alighieri, Capitolo; Bosone da Gubbio; Brunetto Latini, Tesoretto; 148. Commedia, su tre colonne; 149. Vat. lat. 3199, Commedia, trascritta da Boccaccio; 150. Chig. L V 176, Vita nuova, Canzoni dantesche, Canzoniere di Petrarca, trascrizione di Boccaccio; 151. Chig. L VI 213, Commedia, trascrizione di Boccaccio; 152. Commedia, con commento di Cristoforo Landino.