La posta militare

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Era stato il regio decreto del 28 dicembre 1913, n. 1513, a disciplinare per la prima volta in Italia la normativa sul servizio di posta militare.

A ridosso della dichiarazione di guerra all’impero austro-ungarico, ufficialmente comunicata dall’ambasciatore italiano a Vienna il 23 maggio del 1915, l’intero assetto della posta militare venne riformulato.

Una commissione ministeriale, nominata ai primi di marzo del 1915, stava già studiando i criteri più razionali per l’approntamento di un’efficiente organizzazione funzionale alle esigenze belliche.

Con decreto del 13 marzo 1915, n. 655, si conferì l’assetto definitivo alla Posta militare istituendo una direzione superiore appoggiata all’Intendenza generale dell’esercito dalla quale dipendeva gerarchicamente.

Gli addetti alla posta militare furono assimilati al personale in forza all’esercito pur mantenendo il loro status di civili e inseriti all’interno di uno speciale organigramma; il personale venne addestrato rapidamente in modo tale che il servizio potesse rispondere da subito alle aspettative dei comandi militari.

La direzione era articolata in tre reparti (segreteria e personale, movimento e trasporto di corrispondenza e pacchi, ragioneria) e un servizio di ispezione che vigilava sul corretto funzionamento di ciascuna unità.

L’ufficio di concentramento venne collocato a Bologna: lì affluirono fin da subito enormi quantità di corrispondenza creando non pochi problemi di gestione.

La guerra, al contrario di ciò che alcuni avevano malamente profetizzato, durò molto più del previsto, tanto che furono successivamente  create quattro direzioni d’armata per la Posta militare, cui se ne aggiunsero ancora quattro, ciascuna presso le corrispondenti Intendenze, unitamente ad un ufficio presso il Comando supremo, quattro uffici presso i Comandi delle quattro armate, 14 uffici di Corpo d’Armata, 41 uffici di divisione, un ufficio per le truppe di stanza in Carnia. Vere e proprie sentinelle delle comunicazioni, gli uffici della Posta militare lavorarono incessantemente durante il conflitto istituendo una rete postale del tutto simile a quella civile. 

All’allora ministero delle Poste e Telegrafi, e ai suoi instancabili impiegati, si chiese di sostenere un peso davvero ragguardevole: straordinario fu il contributo che il servizio di posta diede a soldati estenuati da una sfibrante guerra di trincea in contatto quasi giornaliero con amici e parenti lontani dai quali ricevevano conforto e mezzi di sussistenza.

Scrivere in guerra si rivelò un bisogno esistenziale. Dalla semplice cartolina di saluti in franchigia, alla lettera più personale, la necessità era quella di tenersi in contatto e non interrompere il legame con il mondo al di là del fronte. Immersi in una guerra distruttiva e apocalittica che allontanò milioni di uomini dagli affetti e dai loro mondi vitali, la "memoria" scritta diventava l'unico filo che a questi li legava.

La necessità di salvaguardare la sicurezza nazionale ed evitare che notizie trasmesse dai militari e dai civili potessero essere divulgate anche inconsapevolmente e danneggiare la collettività fece si che il 23 Maggio 1915, il giorno prima dell'entrata in guerra contro l'Austria-Ungheria, con Regio Decreto venne istituita la censura postale da attuarsi con opportune commissioni militari e civili su tutta la posta inviata sia dai militari che dalla popolazione civile. Erano escluse le corrispondenze diplomatiche e quelle di servizio degli uffici statali o militari. Il sistema censorio dipendeva dal Servizio Informazioni del Comando Supremo Militare. Le tracce postali della censura sono infatti numerose sulle corrispondenze del periodo bellico del primo conflitto mondiale. La normativa censoria prescriveva alcuni divieti, era vietato inviare cartoline illustrate con paesaggi o panorami di città, vietato includere francobolli e marche con valori monetari di qualsiasi genere, era vietato usare sistemi criptati di comunicazione, usare la stenografia ecc.. Le buste da censurare erano aperte, veniva bollato con numero del censore il foglio della corrispondenza, ispezionata la busta per accertare eventuali scritti interni (specie sulle alette gommate di sigillatura e sotto il francobollo), quindi venivano richiuse con fascette di censura (nastro gommato prestampato con "VERIFICATO PER CENSURA" o simili) e a cavallo di questa fascetta impresso un timbro personale in gomma del censore e quello della zona postale di appartenenza. Eventuali frasi non concesse di lieve entità erano cancellate con inchiostro di china; se gli invii rientravano in normative non concesse erano restituiti al mittente, se invece le frasi erano considerate gravi, la corrispondenza era trattenuta dalla censura che segnalava il fatto all'autorità militare per i provvedimenti che potevano essere anche molto pesanti per i civili e pesantissime per i militari.

La Biblioteca Nazionale di Cosenza conserva importanti documenti manoscritti del periodo della prima guerra mondiale, utili a ricostruire il periodo storico. Si tratta di lettere e cartoline dal fronte, provenienti dalla donazione della famiglia cosentina Maria Greco, custodite nella sala Fondi antichi Rari e di Pregio.