La sanità militare: medici calabresi alla Grande Guerra

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Nel corso della Prima Guerra Mondiale la cura di feriti e malati, dai primi soccorsi fino a trasporto e ricovero, fu gestito dal Corpo della Sanità Militare, con a capo il generale Della Valle, e dalla Croce Rossa Italiana con la collaborazione di personale infermieristico volontario afferente a diversi comitati assistenziali tra cui i Cavalieri di Malta, quelli dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, i Gesuiti. 

Al fronte, l’unità operativa di base della Sanità Militare era la Sezione di Sanità, diretta da un capitano medico chirurgo, composta da due Reparti di Sanità aggregati ognuno al Comando di battaglione e comandati da un tenente medico chirurgo.

I Posti di Medicazione venivano immediatamente dietro le prime file, consistevano in infermerie sistemate il più possibile al riparo dal fuoco nemico, dove venivano dati i primissimi soccorsi ai feriti che in seguito i feriti raggiungevano a piedi o in groppa a muli, a spalla o in autoambulanze gli Ospedaletti da Campo.

Con il consistente incremento di feriti, allo scopo di decongestionare il più possibile le strutture ospedaliere in Zona di Guerra, questi vennero anche ricoverati in Navi Ospedale (come la Albaro, la Menphi, la Po, la Principessa Giovanna) o nei 59 Treni Ospedale (convogli da 360 posti che raggiungevano le stazioni avanzate del fronte per caricare i pazienti per poi ripartire verso l’ interno fermarsi nei rami morti delle grandi stazioni, come Mestre, Torino, Padova, Verona).

Per il trasporto dei feriti le autoambulanze svolsero un ruolo fondamentale, dapprima semplici autocarri con i cassoni attrezzati con letti e casse contenenti materiale medico o con pertiche per il posizionamento delle barelle e in seguito ricavate dai Fiat 15 Ter.

Molto alta era la mortalità tra i feriti, dovuta in primo luogo alle scarse conoscenze mediche dell’epoca oltre che alle oggettive difficoltà di lavorare in Zona di Guerra.

Il personale militare sanitario indossava la divisa mod.1909, con il bracciale della C.R.I., il fregio a stella sul berretto e mostrine rosse ad una fiamma sul bavero (entrambi con all’interno un pallino bianco smaltato con una piccola croce rossa centrale); gli ufficiali medici della C.R.I. portavano invece sul berretto uno stemma dorato contornato da foglie, oppure il fregio dell’associazione di supporto medico di appartenenza. Per tutti, il braccio era cinto dalla fascia internazionale bianca con una croce rossa disegnata di lato.

Anche in questo settore, i calabresi parteciparono generosamente alla vita di guerra contribuendo alla cura di numerosi feriti. Furono al fronte, come medici di guerra i dottori Giuseppe Amantea, Luigi Enrico Damiano Bruno e Biagio Ferrante.