La mobilitazione civile a Piacenza

Fin dall'inizio del primo conflitto mondiale, l’Amministrazione Comunale dovette far fronte alla crisi economica e alla disoccupazione, provocate dalla guerra, organizzando numerose strutture assistenziali pubbliche ed assicurando contributi alle istituzioni private e ai comitati spontanei.
La mobilitazione della città fu tempestiva: si costituirono subito diversi comitati per organizzare gli aiuti a favore dei soldati al fronte e delle loro famiglie. Le iniziative benefico-assistenziali furono di due tipi: i comitati istituiti dalla pubblica amministrazione o dalle organizzazioni umanitarie come la Croce Rossa, i quali intervenirono nei più svariati campi dell’assistenza ai soldati e alle loro famiglie e i comitati spontanei, costituiti su iniziativa di cittadini, giornali ed associazioni. Se ne costituirono di ogni genere per i più svariati scopi, ma con in comune sempre la raccolta di fondi, di indumenti, oggetti o la mobilitazione di volontari per lavori utili alla patria. L’obiettivo dichiarato era il soccorso alle classi deboli , animati dai valori dell’interventismo o ricettivi alle direttive del governo e delle Opere federate. Questi comitati fornirono l’immagine di un paese tutto stretto intorno ai suoi uomini e al fronte, nell’interesse della patria e della vittoria.

Caporetto rappresentò un punto di svolta. La beneficenza si indirizzò verso nuovi soggetti: sul fronte militare fecero la loro comparsa i prigionieri di guerra, mentre su quello interno irruppero i profughi dalle zone occupate dagli austriaci. Furono utilizzate strategie di mobilitazione già collaudate. Le iniziative per la raccolta di fondi per i profughi e i prigionieri si moltiplicarono secondo gli stessi modelli seguiti nei primi mesi di guerra: concerti e serate di spettacoli, passeggiate di beneficenza. La città sull’onda emotiva suscitate delle vicende drammatiche, rispose agli appelli con più entusiasmo e generosità. Ma qualcosa stava cambiando perché non era più sufficiente il sostegno materiale. Tra i nuovi compiti di assistenza civile doveva esserci anche l’infusione della fiducia nella vittoria. Si assistette infatti ad un processo di sostituzione dello stato alla società civile nelle strutture della mobilitazione patriottica che si manifestò come istituzionalizzazione di molte aggregazioni spontanee nate ovunque.

Mentre i soldati partivano per il fronte, in tutta Italia sorgeva il Comitato di preparazione civile, chiamato poi Comitato di mobilitazione civile. Gli scopi di tale comitato erano di provvedere all’assistenza delle famiglie dei militari, preparare gli ospedali per i feriti, prevenire la diffusione delle malattie infettive, tenere alto il morale della nazione e predisporre tutto il fabbisogno che le circostanze avrebbero richiesto. A Piacenza vennero formate commissioni per diverse finalità: raccolta di fondi; distribuzione di sussidi; assistenza ai bambini; ospedale della croce rossa, ufficio informazioni e corrispondenza con i militari... Guidato prima da Vittorio Capelli e poi Carlo Fabri ebbe sede nel Ridotto del Teatro municipale e fu eretto in ente morale con decreto prefettizio 12 agosto 1915.


Ufficio notizie per le famiglie dei militari
Presieduto da Dionigi Barattieri di San Pietro, con sede presso Palazzo Costa, «raccoglie dall’ufficio centrale che ha sede in Bologna come dalle varie sezioni provinciali, dai luoghi di cura militari come dai Depositi reggimentali della città, elenchi di militari morti, feriti, dispersi, malati o prigionieri, e tali elenchi spoglia per un suo ricco schedario, che lo pone in grado di corrispondere a richieste di notizie che gli pervengono o da altri uffici o da autorità comunali e direttamente dalle famiglie dei militari».


Casa del Soldato, sorse, ad opera delle associazioni cattoliche, nei vecchi locali della Banca Sant’Antonino. Nel settembre 1916 la sede fu spostata al Circolo Casella, attrezzato con sale di convegno, di lettura, di scrittura, di svago. Si mise a disposizione dei visitatori un bel cortile ed un teatro. Il soldato «entra nella sua nuova casa e vi trova l’ospitalità più cordiale, molte e ampie sale, sale di lettura, di scrittura, di conversazione, di gioco. Maggiormente frequentate sono quelle di scrittura, dove soldati venuti da ogni angolo d’Italia si raccolgono ogni sera per scrivere ai loro cari, assisi alle ampie tavole, su cui trovano, senza alcuna spesa, pene, inchiostro, carta e buste». Si organizzò una scuola del soldato che, anche in virtù di un decreto luogotenenziale, preparava ai titoli legali di compimento e di licenza elementare. Funziona un segretariato che dà informazioni. Anche organizzazione di conferenze, tra cui quella tenuta nel salone del San Vincenzo dal capitano medico dottor professor Padre Gemelli dell’Università di Torino sul tema I fattori della nostra vittoria.

Pupilli della Patria
Questo istituto per gli orfani di guerra sorse per iniziativa dell’amministrazione dell’opera Pia Alberoni. Grazie all’iniziativa dell’ingegner Ettore Martini, membro dell’Amministrazione del Collegio Alberoni e presidente degli Ospizi Civili, del superiore del Collegio Giovanni Pozzi e del segretario dell’Opera Pia Alberoni Orsmida Jelmoni, venne infatti istituito l’Istituto Pupilli della patria. Inizialmente ospitò 50 bambini, poi divennero un centinaio.
Istituzione affine ed integratrice fu il Patronato degli orfani dei contadini morti in guerra. Dal febbraio 1917 si occupò dell’assistenza di tutte le famiglie di contadini rimaste prive di mezzi. La forma di assistenza veniva esercitata in due maniere: attraverso l’elargizione di sussidi mensili e con l’integrazione della pensione, In un anno furono sussidiati oltre mille orfani in quattrocento famiglie. La sede dell’Ufficio era presso la Cattedra ambulante di agricoltura.

Patronato di assistenza per gli orfani dei contadini morti in guerra. Nel settembre 1916, alla presenza del ministro dell’Agricoltura Giovanni Raineri, venne istituito il Patronato di assistenza per gli orfani dei contadini morti in guerra. L’intento di questa istituzione era quello di «impedire che gli orfani dei contadini, per le condizioni di abbandono nelle quali potrebbero trovarsi, si disamorino della terra e dei campi; anzi i Patronati devono fare opera perché i figli dei contadini restino devoti e attaccati alla terra e a questa si affezionino e continuino nell’opera agricola sull’esempio ereditato dal padre». Per diffondere l’iniziativa si tennero, a cura della Cattedra Ambulante di Agricoltura, numerose riunioni in tutta la provincia.

Altri comitati minori: Comitato Pro mutilati, Pro Cesare Battisti, Albero di Natale dei soldati feriti, pro Lana, per il Libro del soldato, per il pane ai prigionieri di guerra, per lo Scaldarancio del soldato, per il posto di ristoro alla stazione ferroviaria.