I trattati di agricoltura nella Biblioteca Malatestiana. Paola Errani

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La Romagna è stata fin dall’antichità una regione di profondaMagazzino della frutta f.lli Manuzzi - Archivio fotografico Biblioteca Malatestiana vocazione agricola. Ne è un segno la centuriazione, ossia la divisione del territorio avvenuta in età romana, ancora ben visibile; il vino, ricordato nel I secolo d.C. da Plinio il Vecchio, e il frumento ne sono stati i prodotti costitutivi, presto integrati dalla coltura della canapa. A fine Ottocento lo sviluppo della frutticoltura ha introdotto profonde modificazioni nel paesaggio agrario. Cesena è diventata sul finire degli anni ’50 la “città della frutta”, a significare l’identificazione di un prodotto con l’immagine stessa della città.

In occasione del ciclo di incontri “Sapori in biblioteca” in cui viene presentato il volume Agricoltura e alimentazione in Emilia Romagna, a cura di Zita Zanardi (Modena, Artestampa, 2015), la biblioteca Malatestiana organizza un’esposizione di manoscritti e libri antichi conservati nei suoi fondi e dedicati alla cultura naturalistica. La mostra si articola nelle seguenti sezioni:

I classici

Apre la rassegna un codice malatestiano contenente l’opera virgiliana delle Georgiche, poema didascalico per eccellenza della letteratura latina, che tratta del lavoro nei campi. Seguono i manoscritti della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, nella quale è parte importante lo studio della botanica, e dei trattatisti latini di agricoltura, gli Scriptores rei rusticae, come Catone, Varrone, Columella, Palladio. L’Historia plantarum e il De plantarum causis di Teofrasto, presenti entrambe in un codice malatestiano del XV secolo, documentano lo studio della botanica a cui si applicò questo filosofo greco, discepolo di Aristotele. Tramandato insieme ai classici è il De ruralibus commodis di Pier de’ Crescenzi (ca. 1233-1320), che compose questo trattato di agricoltura, sia utilizzando le fonti antiche, sia attingendo largamente alla sua esperienza personale.

La trattatistica 

La riscoperta e la lettura dei classici diedero avvio a numerosi trattati in latino e in volgare, che ebbero ampia diffusione nel ‘500 e nei primi decenni del secolo successivo. Tra gli autori, si ricordano Giovanni Battista Barpo, Africo Clemente, Giuseppe Falcone, Vincenzo Tanara. Le loro opere documentano un profondo interesse per i temi agronomici, sia per i problemi connessi alla pratica agraria, sia per gli aspetti economici ad essa legati.

I poemi didascalici

Composte sulla scorta dei classici, hanno grande fortuna dal Cinquecento al Settecento le opere didascaliche  di Luigi Alamanni, Francesco Redi, Girolamo Baruffaldi, che diffondono saperi scientifici e cognizioni tecniche legate alla coltivazione dei campi.

I naturalisti romagnoli

Alla metà del Settecento la Romagna entra nel circuito scientifico internazionale grazie all’attività di personaggi quali il riminese Giovanni Bianchi (1693-1775), il suo allievo Giovanni Antonio Battarra (1714-1789) e il ravennate Francesco Ginanni (1716-1766). Le loro opere sono frutto dell’applicazione della nuova metodologia sperimentale ai campi delle scienze biologiche e naturalistiche, e sono arricchite da un corredo di immagini che attestano l’attenzione agli elementi della natura, anche nei loro aspetti più minuti.

Le rappresentazioni della natura

Nel panorama delle rappresentazioni della natura, si distingue per l’apparato illustrativo l’opera Pomona italiana ossia Trattato degli alberi fruttiferi di Giorgio Gallesio (1772-1839), formata da 152 schede accompagnate da 160 tavole incise ed acquerellate.

Nel campo dell’illustrazione si impone per la sua particolare ricchezza l’Hortus Eystettensis, redatto da Basilio Besler (1561-1629), che costituisce il catalogo illustrato di tutte le specie delle piante presenti nel giardino del vescovo-principe di Eichstatt.