Il commercio dell’uva da tavola

Il commercio dell’uva da tavola e le cooperative di esportazione

Nel Piacentino si coltivavano diverse varietà di viti per uva da tavola: in Valtidone la Verdea, pregevolissima e aristocratica varietà di uva bianca, di cui si producevano circa 30mila quintali; a Gropparello, nella vallata del Vezzeno, il Besgano, altra distinta varietà di uva nera, la cui produzione si calcolava intorno ai 10mila quintali; a Bacedasco di castell'Arquato e in altre frazioni varietà diverse, come la Bianchetta, l'Agliara, la Vernazza ed altre precoci o di media maturazione.

Il commercio dell’uva da tavola nel Piacentino, fu iniziato alla fine dell'Ottocento da viticoltori particolarmente avveduti. In seguito, questo commercio fu continuato da negozianti locali e da ditte esportatrici, che fecero conoscere le varietà anche all’estero. Nella provincia di Piacenza, nel 1902, vennero fondate 4 società per l’esportazione diretta dell’uva piacentina all’estero.

La prima Società sorse a Ziano e fu denominata “Unione Produttori di Uva da Tavola”. Si costituì nel 1900 e comprendeva 32 soci, i quali firmarono fra di loro un compromesso. Questa Società esportò, con 50 vagoni, 4 mila quintali di uva in cassetta, che il signor Edoardo Weinaghen di Berlino, il quale, per conto della società, smerciò su diverse piazze Tedesche, con prezzi che si aggiravano sulle 19 lire al quintale nette. Nel 1901 i soci salirono a 164, ma per colpa della pessima annata, spedirono in Germania solo 47 vagoni d’uva, da cui ricavarono solo 19 lire al quintale. Le causa di questo calo fu la stagione piovosa di quell’anno. L’uva venne venduta sui mercati di Berlino, Amburgo, Lipsia , Colonia, Norimberga, Stoccarda, Breslavia e Düsseldorf. I soci in seguito aumentarono ancora, di conseguenza anche i vagoni esportati, e al 1° di Novembre, infatti, avevano già spedito 68 vagoni, ossia 6 mila quintali di Verdea, che quell’anno era davvero splendida, come affermarono i membri del congresso di Piacenza, che durante un’assemblea presero parte ad una gita nella vallata dove la Verdea veniva prodotta. In un secondo momento la Società di Ziano si trasformò in una società cooperativa sottoposta alle norme del codice di commercio.

La seconda Società di esportazione piacentina fu quella di Bacedasco, chiamata “Società Agraria di Bacedasco di Castell’Arquato”, considerata la prima società di esportazione costituita in Italia con rispetto delle norme volute dal codice di commercio. Fu costituita nel 1900, in seguito alla propaganda del capitano Pietro Chessa, dell’arciprete D.G. Struminia e dopo una conferenza della Cattedra ambulante. Firmarono l’atto costitutivo 35 soci, sottoscrittori di 40 azioni. I soci salirono presto a 187 e le azioni a 215, dimostrando come il bisogno di associazione fosse sentito. Nel 1901 si esportarono 48 vagoni d’uva, portanti 104 mila cassette e 7 mila ceste, arrivando ad un peso lordo di 5 mila quintali, venduti da Weinaghen e Silva sul mercato Tedesco. I prezzi netti furono di 28,24 e 17,50 lire al quintale, a seconda delle decadi di vendita. Fu un ottimo traguardo per la neonata associazione, nonostante la concorrenza e le avversità, se si paragonano i prezzi conseguiti con quelli delle uve da vino. La funzione di questa associazione era prevalentemente quella dell’esportazione dell’uva in Germania, ma essa acquistò anche 900 quintali di perfosfati, nitrato zolfo e solfati da distribuire tra i soci, facendo ciò che poteva fare un consorzio agrario.

A Gropparello si creò una società per l’esportazione del Besgano, chiamata “Società produttori uva da tavola”, senza vesti giuridiche e retta dalla società di Ziano. Era composta inizialmente da 90 soci che mandavano in Germania 3500 quintali di Besgano, i quali vennero venduti sui mercati da Weinaghen e Silva a Berlino, Colonia, Monaco, Belgio, Lipsia, Amburgo ad un prezzo di 26 lire al quintale. I soci aumentarono a 200, negli anni successivi, e, di conseguenza, anche i quintali di uva esportata, che diventarono circa7 mila. Sorse un’associazione anche a Magnano di Carpaneto, sotto l’incoraggiamento della Cattedra ambulante, denominata “Società vinicola di Magnano”. Contava un buon numero di soci, con un'esportazione di 1500 quintali di uva di due varietà: Lugliatica e Bianchetta.

In seguito le società divennero sette: tre (Gropparello, Sariano e Castellana) esportavano il Besgano; due (Ziano e Borgonovo) la pregiata Verdea; le altre due (Bacedasco e Magnano) si occupavano dello smercio di varietà diverse. Tutte e sette fecero realizzare prezzi elevati ai produttori e contribuirono a far maggiormente apprezzare la buona produzione piacentina.

Superata la crisi legata alla Grande Guerra, la produzione riprese, con una progressiva delimitazione geografica e produttiva, specializzandosi nelle zone precollinari e collinari dove trovava un complesso di condizioni favorevoli, di terreno, di clima, di maestranze e di tradizioni. La ricostituzione dei vigneti colpiti dalla fillossera portò ad una revisione dei sistemi di impianto, dei metodi di coltivazione e all’introduzione di nuove varietà (Regina, Chasselas dorè, Moscato di Terracina, Italia, Bicane, Pansa precoce e Zibibbo…). A dar conto dell’importanza di questa produzione furono organizzate a Piacenza importanti mostre, prima su scala provinciale (15 e 16 settembre 1928), poi interregionale e quindi, negli anni trenta, nazionali. La prima mostra nazionale uve da tavola si svolse dal 17 al 19 settembre 1932 in un Palazzo Gotico dalla scenografia spettacolare. Non solo Piacenza. L’uva da tavola piacentina fu anche protagonista alla grande mostra d’ortofrutticoltura di Trento del 1924. E una curiosità: nel 1924, il sindaco di Milano Luigi Mangiagalli vide, in un giardino pubblico allestito per la festa dell’uva del popolo, un viticoltore piacentino, «Filippo Zerioli arrampicarsi ed affannarsi per costruire un artistico chiosco pergolato per lo spaccio d’uva che egli, primo, ideò di presentare in sacchettini di carta oleata da un chilogrammo esatto a mitissimo prezzo. Quante donne egli fece lavorare a questa prima confezione che piacque assai, e quale ressa al chiosco Zerioli! Tale da richiedere l’intervento dei Vigili».