Palazzo Delli Ponti (già Antoglietta)

Esempio di stratificazioni successive e sintesi straordinaria della storia di Taranto dall’età magno greca al XVIII secolo è il palazzo vecchio della famiglia Antoglietta, baroni di Fragagnano. Della prima abitazione di questa antica famiglia di origine normanna si ha notizia già alla seconda metà del XV secolo. Le primissime notizie del palazzo le dobbiamo al letterato leccese Scipione Ammirato che nel 1597 scrisse la storia dei de Nantolio (antico nome del casato degli Antoglietta); lo studioso parlando del VII barone di Fragagnano Nicolò Mattheo de Nantolio, riferisce che questi, sposatasi nel 1452 con Ruccia di Patrello di Taranto, ivi acquistò dieci anni più tardi una abitazione. Per quanto testimoniato dalle fonti per tutto il Cinquecento e il Seicento, la prima vera descrizione del palazzo si deve ad un documento sottoscritto nel 1676 da Cataldo Antonio, XIV barone di Fragagnano il quale, gravato da vari debiti, ottenne un prestito dai padri della Prebenda del Foggione fondata dall’Arcivescovo Tommaso Caracciolo, impegnando i proventi dei propri beni feudali e burgensatici. Tra questi il palazzo che viene così descritto “…quoddam palatium consistens in sala, quattuor cameris, coquina, turribus, logetto con altro appartumento diruto, cortile, domibus inferioribus, stabulis, cantina, cisternis, puteo e alis membris…”. Nel corso del Seicento l’abitazione tarantina dei baroni di Fragagnano non subì sostanziali modifiche e tanto meno accrescimenti; una idea degli interni è fornita invece da un documento del 1695, redatto in occasione della morte di Cataldo Antonio, quando suo figlio ed erede universale Francesco Maria, appena ventunenne, dispose la compilazione dell’inventario di tutti i beni paterni.

Nel 1706 poiché il palazzo “tiene bisogno di molti repari stando maltrattato e vecchio” gli Antoglietta, fatto eseguire un minuzioso apprezzo dal mastro fabbricatore Giorgio Mazzaracchio e dal mastro carpentiero Domenico di Carlo, vendettero l’immobile ai fratelli Delli Ponti ascritti al patriziato di Roma, Napoli e Taranto. L’abate Cataldo e il chierico Nicolò furono i veri artefici dell’ingrandimento e dell’abbellimento del palazzo che nell’arco di vent’anni  si accrebbe di nuovi ambienti confinanti; oggi l’analisi delle diverse unità abitative di cui si compone chiarisce l’esistenza di alcune case palazzate riferibili al tardo medioevo, poggianti su una necropoli paleocristiana di valore storico notevolissimo. A cavallo del salto di quota, il palazzo è raggiungibile dalla via Di Mezzo, percorrendo la Postierla Immacolata, dove è il prospetto principale.  L’edificio è articolato su tre livelli più i piani cantinati, l’impronta tipicamente settecentesca si legge nei mascheroni in pietra scolpita , nelle cornici di coronamento , nelle modanature e bugnature di finestre e portoni,  nei decori delle pareti ad effetto trompe l’oeil, nei cartigli contenenti lo stemma di famiglia, nei motivi floreali dipinti sui soffitti in legno, nei festoni di coronamento con frutta e fiori.