Inchieste e reportage

I reportage e le inchieste, incisive e accurate, erano la prova della qualità del giornalismo di Adolfo Rossi. Si trattava di presentare al pubblico, con la schiettezza e l'obiettività che lo contraddistinguevano, eventi tragici come l'andamento di epidemie o fenomeni particolari quali ad esempio il brigantaggio o il funzionamento del servizio ferroviario. Le inchieste erano però spesso anche un modo per denunciare le condizioni di fasce di popolazione particolarmente disagiate. Come afferma G. Romanato, Adolfo Rossi "ritrae l'infinita misera dei  contadini veneti, la regione che conosceva meglio perché vi era nato, la penosa situazione delle campagne siciliane, le inimmaginabili condizioni di vita nelle miniere di zolfo, la vita degradata e degradante che vi conducevano i “carusi”, cioè i ragazzini, anche di età inferiore ai 10 anni, che vi lavoravano in condizioni di semischiavitù [...] [Rossi] scrisse articoli di giornale, cronache dal vivo, che rese attendibili, autentiche, quasi fotografiche, scendendo di persona nelle zolfare, descrivendo “in diretta” l’orrore che vide, che respirò, che toccò con le mani".

Didascalie

031 Il teatro della rivolta in Sicilia - I rivoltosi irrompono per le vie di Castelvetrano di Ett. X., da L'Illustrazione italiana 21 gennaio 1894. Nell'ottobre 1893, Adolfo Rossi partì per verificare di persona l'agitazione promossa nelle campagne siciliane dal movimento dei "Fasci dei lavoratori". Fu l'unico cronista a recarsi sull'isola: la stampa avvallava infatti la tesi del Governo, che definiva il movimento come "un affare di ordine pubblico", e si limitava a pubblicare i dispacci di polizia sull'argomento. Spostandosi per tutta la Sicilia, Rossi andò ad incontrare i Fasci, che i delegati di pubblica sicurezza stimavano essere trecentomila. Quella che trovò, e che presentò ai lettori, fu una situazione di estrema miseria e sfruttamento, che necessitava "di risposte politiche più che di repressioni militari". Immagne in pubblico dominio tratta da Wikimedia Commons.

032 Macerie di un paese terremotato in Calabria, 1894. Il 16 novembre 1894 la Calabria meridionale e la Sicilia orientale furono colpite da un terremoto di 9° grado nella scala Mercalli, con epicentro a Palmi, in provincia di Reggio Calabria. Rossi partì per la regione nella duplice veste di inviato del Corriere della Sera e delegato del comune di Milano per la distribuzione dei soccorsi a favore dei terremotati. Proprio perché "in grado di avere nozioni esatte" sulle necessità della popolazione, anche il Comitato generale per i danneggiati del terremoto istituito a Roma chiese la sua collaborazione. I suoi reportage sull'evento sarebbero stati in seguito definiti come "una delle più belle pagine della vita giornalistica del cavaliere Adolfo Rossi". Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 8, quaderno 3.

033 La delegazione milanese per la distribuzione dei soccorsi incontra la popolazione colpita dal terremoto, Calabria 1894. Insieme all'altro delegato milanese Enrico Mangili, Rossi organizzò carovane di muli per portare viveri ai villaggi più difficili da raggiungere, fece inviare baracche montabili per gli sfollati, distribuì soccorsi in denaro e generi alimentari, istituì cucine economiche: come avrebbe affermato in seguito, "viveri, coperte, indumenti e baracche di legno montabili [...] sono le cose più urgenti da portare sui luoghi senza perdere un'ora". Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 8, quaderno 3.

034 Le Leghe dei contadini nel Polesine, 1901. Negli ultimi decenni dell'800, specialmente dopo la devastante alluvione del 1882, le condizioni dei contadini del Polesine furono particolarmente dure, tanto da condurre agli scioperi noti come La Boje (1882-1885) prima, all'istituzione delle prime Leghe tra braccianti poi. Tra il 1899 e il 1901 A. Rossi scrisse diverse corrispondenze forti, sia sotto l’aspetto umano che giornalistico, per la Tribuna, l’Adriatico, il Secolo XIX e per il Corriere della Sera, descrivendo la difficile situazione della popolazione. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 2, quaderno 2.

035 Le Leghe dei contadini nel Polesine. Conversazione col dep. dott. N. Badaloni, 1901. Nel corso della sua inchiesta, Adolfo Rossi intervistò sacerdoti, calzolai, contadini come il capolega Angelo Scarazzati di Badia Polesine, politici della statura di Nicola Badaloni e proprietari come Dante Marchiori e Mario Bellini di Trecenta, uno dei più decisi oppositori delle Leghe. Dall'inchiesta uscì un quadro disarmante per la situazione di indigenza e povertà, dovuta all’inasprimento delle imposte, gravata dall’epidemia di colera, dalla malnutrizione e dalla carenza di igiene. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 2, quaderno 2.

036 Longa e importante intervista de Adolfo Rossi col famoso brigante com. Musolino, 1900 ca. Tra gli argomenti su cui investigò Adolfo Rossi vi fu anche il brigantaggio, era all'epoca un fenomeno diffuso in diverse regioni d'Italia. Della questione cominciò ad occuparsi nel 1894, quando il Corriere della Sera lo inviò in Sardegna per raccogliere informazione sulla 'bardana' di Tortolì: "cento grassatori che di notte circondano un paese e saccheggiano una casa parando cinque o seicento fucilate, parecchi morti e feriti, un cadavere lasciato nudo e senza testa perché non fosse riconosciuto!". Dall'inchiesta emersero scomode verità come la connivenza della magistratura e le influenze parlamentari, nonché il collegamento tra la crescita della miseria e l'aumento di ricatti e aggressioni. Anche in seguito continuò ad interessarsi dei briganti - in particolare del famigerato Domenico Tiburzi in Maremma, e di Musolino, il "re dell'Aspromonte". Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 8, quaderno 3