Palladio, I quattro libri dell'architettura ... 1768

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l quattro libri dell'architettura di Andrea Palladio. Ne' quali dopo un breue trattato de' cinque ordini, & di quelli auertimenti, che sono piu necessarij nell fabricare; si tratta delle case priuate, delle vie, de i ponti, delle piazze, de i xisti, et de' tempij. In Venetia : appresso Dominico de' Franceschi, 1570 [i.e. Venezia : Pasquali, 1768?]. 


Norme di vera architettura”. È questo il titolo che Anton Francesco Doni suggeriva a Palladio nel 1555, dopo aver ammirato le “molte et bellissime cose pertinenti a tutte le sorte di edifitii” contenute in un libro da questi “scritto et disegnato” che ancora “non ha titolo”, ma che sarebbe un “grandissimo peccato che non si stampi”: un libro che l’ancor giovane architetto sin da allora evidentemente andava predispo-nendo con chiare finalità editoriali.

L’opera, notevolmente accresciuta ancorché incompleta rispetto alle intenzioni nel frattempo maturate, vedrà la luce soltanto nel 1570 con un titolo assai meno impegnativo, ma diventato comunque celeberrimo: I quattro libri dell’architettura. Palladio aveva allora sessantadue anni e I Quattro libri del 1570 condensano le esperienze di gran parte della sua attività di architetto e ne costituiscono da un lato il degno coronamento, dall’altro uno strumento di autopromozione.

Non a caso nel trattato Palladio pone i suoi progetti -spesso volutamente modificati rispetto alla realtà- accanto alle migliori architetture dell’antica Roma, conferendo disinvoltamente ad essi il medesimo valore normativo di exempla da studiare e imitare.

Facendo tesoro di tutta la trattatistica architettonica che lo aveva preceduto -oltre a Vitruvio, anche AlbertiSerlioVignola e molti altri - Palladio pubblicò un’opera che presenta un calibrato equilibrio fra i testi, generalmte brevi, e i disegni, di regola rappresentati in pianta, prospetto e sezione, ed impaginati con grande maestria (le silografie invece non sono di particolare qualità).

I primi due libri del trattato sono dedicati al conte vicentino Giacomo Angarano, amico e committente di Palladio; gli altri due al principe Emanuele Filiberto duca di Savoia. Il Libro I consta di “un breve trattato de’ cinque ordini, et di quelli avertimenti, che sono più necessarij nel fabricare”, a partire dalla conoscenza dei materiali costruttivi e dei vari tipi di murature, per finire con le dimensioni e proporzioni di stanze, porte, finestre, camini e scale.

Nel Libro II Palladio presenta “i disegni di molte case ordinate da lui dentro, e fuori della Città, et i disegni delle case antiche de’ Greci, et de’ Latini”: e si tratta di quella magnifica carrellata di ville e palazzi che ha avuto un’enorme influenza sullo sviluppo dell’architettura occidentale.

Il Libro III tratta “delle vie, de’ ponti, delle piazze, delle basiliche, e de’ xisti”, ove Palladio mostra tutta la sua competenza di esperto costruttore, maturata in lunghi anni di tirocinio. Nel Libro IV, infine, “si descrivono, e si figurano i tempij antichi, che sono in Roma, et alcuni altri, che sono in Italia, e fuori d’Italia”: e qui c’è da restare veramente ammirati per la cura e la bellezza dei rilievi di tanti monumenti antichi e si può ben capire, allora, un’affermazione d’esordio di Palladio nel proemio del primo libro: “perché di me stesso non posso prometter altro, che una lunga fatica, e gran diligenza, et amore”. 

L’esemplare dei Quattro libri esposto in mostra, contrariamente all’apparenza, non appartiene all’editio princeps, ma alla nota edizione facsimile commissionata nel 1759 allo stampatore veneziano Giambattista Pasquali dal famoso console inglese a Venezia Joseph Smith, singolare figura di mercante d’arte, collezionista e bibliofilo, nonché protagonista del revival neopalladiano settecentesco, in particolare di marca anglosassone.Va detto però che non si trattò di un tentativo di contraffazione: all’edizione facsimilare dei Quattro libri nelle intenzioni di Smith doveva andare unita la Vita di Andrea Palladio scritta da Tommaso Temanza, che si stampò invece separatamente presso lo stesso Pasquali nel 1762.

L’impostazione tipografica del facsimile è molto vicina a quella del trattato palladiano originale, salvo le iniziali non decorate, alcune varianti nella forma del testo e gli scorrimenti di righe in pagine diverse, mentre le tavole vennero tutte reincise in rame ad opera di Pietro Monaco. In virtù di una fonte indiretta si è ritenuto che la data di uscita del facsimile settecentesco fosse il 1768, ma ne esiste un esemplare che riporta alla fine la nota seguente: “In Venetia, appresso Giambattista Pasquali, alla Felicità delle Belle lettere, 1766”. 

Sul frontespizio, il timbro di piccole dimensioni della Biblioteca; la copia, restaurata con parziale recupero del dorso in pergamena, ha subito danni da rosicature di topi in un piccolo gruppo di pagine (27-45) del Libro quarto. 


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