Giovan Battista Ramusio

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La diffusione della conoscenza del Mappamondo in epoca moderna si deve al geografo Giovan Battista Ramusio (Treviso 1485 - Padova 1557), che lega le origini del manufatto alla figura di Marco Polo. Egli ne parla nella Dichiaratione d'alcuni luoghi ne libri di M. Marco Polo, con l'Historia del Rheubarbaro, posta in introduzione alla sua edizione del Milione nel secondo volume Delle navigationi et viaggi (1606):

«et questo è, come quel bel mappamondo antico, miniato in carta pecora, et che hoggidí anchor in vn grande armaro si uede à canto il lor choro in chiesa, la prima volta fu per vno loro conuerso del monasterio, quale si dilettaua della cognitione di cosmografia, diligentemente tratto et copiato da vna belissima et molto vecchia carta marina, et da vn mappamondo che già furono portati dal Cataio per il magnifico Messer Marco Polo, et suo Padre, il quale così come andaua per le prouincie d’ordine del gran Can, così aggiugneua et notaua sopra le sue carte le città et luoghi che egli ritrouaua» (c. 17r)

Ramusio riporta la testimonianza udita molti anni prima da Paolo Orlandino, priore del monastero di San Michele, il quale sentì raccontare dai monaci anziani della presenza di carte cinesi portate a Venezia dallo stesso Marco Polo e copiate da Fra' Mauro per realizzare la propria opera. L'esistenza di questi importanti documenti è però messa in discussione, dal momento che non ve n’è traccia e inoltre, osservando il Mappamondo, non traspare il riferimento a modelli cartografici orientali. L'India, ad esempio, presenta toponimi che non appartengono alla tradizione tolemaica, ma è ancora rappresentata secondo tale modello. Vista l'importanza altrove attribuita alle testimonianze dirette, è lecito pensare che se il monaco avesse avuto accesso a carte orientali le avrebbe indubbiamente usate. Ramusio ritiene inoltre che la verifica della veridicità del Milione abbia contribuito ad accrescere la fama di Fra' Mauro e il suo giudizio sembra non considerare il valore del manufatto in sé. Egli conosce probabilmente poco il Planisfero, poiché attribuisce a Marco Polo alcune importanti novità, come la rappresentazione della circumnavigabilità del continente africano. Ciononostante descrive l'opera come oggetto di estrema ammirazione e meta di molti visitatori.