Enogastronomia

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La cucina molisana manifesta l’indissolubile legame con i vari aspetti della transumanza. In particolare segni tangibili sono la sobrietà nella preparazione dei cibi, la semplicità nei condimenti e soprattutto la genuinità dei prodotti, utilizzati per tradizione da contadini e pastori. Il Molise, terra di antiche tradizioni, difatti, manifesta ancora un fortissimo legame alla terra e ai “frutti” da essa generati, laddove la coltivazione e la trasformazione dei prodotti si basa ancora sui metodi tradizionali. Una volta giunta la carovana negli alloggi provvisori il casciaro (adetto ai formaggi) o nelle masserie il quaratino/coratino -  ovvero colui che curava la stagionatura e la vendita - si prodigava a fare la quagliata (cottura del latte) della monta/mugnetòra (mungitura giornaliera) con il presàme (quaglio abbastanza secco); il latte veniva mescolato nel cuaccàve/cuttùru/quàchero pentolone di rame con la catarina (bastone graduato), successivamente veniva scremato con la schiamatòra paletta bucherellata per fare la ricotta o il burro nelle zingòle (botticelle in legno)  e filtrato mediane ru culaturu (panno tessuto a mano) per fare le pezze/masciòtte (singole forme di formaggio), le quali prendevano la forma e la grandezza delle fruscèlle/fiscelle (contenitori di giunco) di volta in volta utilizzate, mentre la caniglia (siero di risulta) veniva data ai cani. Uno dei prodotti di spicco della cucina molisana è senz’altro il caciocavallo,  ufficialmente riconosciuto e inserito nella lista dei prodotti agroalimentari italiani(P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf). Il Caciocavallo tipico delle zone alto-molisane si ottiene da latte vaccino di popolazione miste alimentate del bestiame a pascolo. La forma è simile ad grossa pera, di altezza variabile da 18 a 22 cm il peso varia da 1,5 a 3 kg. La crosta si presenta sottile e dura di colore nocciola. La pasta è compatta con varie fessurazioni l'odore è intenso ed il sapore è dolce e pastoso e via via che prosegue la maturazione diventa piccante ed intenso.

Alcuni tradizioni nel segno della fede e legate alla transumanza rivivono ancora in molti paesi molisani come ad esempio a Pietracatella, in provincia di Campobasso, dove il martedì dopo la Pentecoste si festeggia in onore di Santa Maria di Costantinopoli la comunemente detta  “Madonna della ricotta”, prodotto caseario ottenuto dalle pecore pascolate presso il “Campo della Madonna”, costituito da vari terreni donati alla chiesa stessa. La cerimonia inizia la domenica che precede la Pentecoste, quando la statua della Madonna di Costantinopoli, opera del XVIII secolo del Colombo, viene rimossa dalla nicchia e viene collocata su una "portantina" ornata di fiori.

La domenica di Pentecoste la statua viene spostata sulla "castellana", un trono costruito nell'abside e addobbato di drappi. Il giorno successivo i pastori offrono il latte che servirà per preparare la ricotta che verrà distribuita a tutto il paese; infine il martedì si svolge la solenne processione con piccoli carretti trainati da pecore e montoni, addobbati con fiori e coperte, sui quali prendono posto i bambini.

In Molise, dunque, rivivono ancora tante tradizioni del passato, eventi ed occasioni legati all’identità di questa terra caratterizzata soprattutto dal lavoro nei campi e dalla pastorizia. Uno di questi è certamente la Fiera di San Domenico un appuntamento storico che si ripete ogni anno a Carovilli nei primi giorni di settembre. La fiera trae le sue origini dalla transumanza e nel commercio ad essa collegato, come testimonia il sito dell’evento, ovvero lo spazio circostante l’antica chiesa di San Domenico situata su un piccolo tratturo che collega quello di Castel di Sangro-Lucera e Celano-Foggia. Proprio in questo luogo veniva costruito in passato una sorta di ricovero per i commercianti, i pastori fatto di foglie di cerro e rami, accompagnato da alcuni piatti della tradizione come la polenta, la trippa, la pasta con i fagioli ed il baccalà fritto in pastella, l’unico pesce che poteva essere portato e conservato durante i lunghi viaggi grazie all’essiccazione in salamoia.

Ripercorrendo le caratteristiche della gastronomia molisana legata alla transumanza, un posto di rilievo lo occupano sicuramente i dolci. Tipica specialità molisana legata ai prodotti caseari sono i casciatelli o fiadoni mezze lune a panzerotto spesso a base di paste soffritte e cosparse di miele, o contenenti ricotta impastata. 

Come per i prodotti caseari e derivati, anche la carne aveva delle regole stabilite nella commercializzazione. Quando non era scambiata con il sale e altri beni durante il viaggio veniva trasformata in miscischia/miscisca/muscica (carne essiccata) sull’arciclòcco (palo con molti rami dove si appendeva un po’ di tutto); a volte si preferiva venderla a peso vivo alla chianca (macelleria) dei paesi attraversati. La qualità della carne e il prezzo variavano sensibilmente a secondo dell’età delle pecore, dei montoni, degli agnelli primaticci (concepiti alla fine dell’inverno)  o cordeschi e vernerecci  (concepiti in autunno durante le fatiche del viaggio).

Per la preparazione dei primi piatti a base di farina lavorata manualmente da generazioni si tramanda la mistura che prevede il sapiente dosaggio di uova, acqua, farina e olio. Specialità più diffuse tra i primi piatti sono crejuoli (maccheroni alla chitarra) i ciufele (cubetti di pasta incavati con le dita), i fusilli, le taccozze e i cavatelli.

Ad allietare le giornate di faticoso cammino e di lieta sosta non poteva non mancare il “rosso” molisano. Il vino Tintilia, vitigno autoctono molisano profondamente collegato alla storia e alla tradizione della civiltà contadina pastorale. Introdotto molto probabilmente nella seconda metà del Settecento dai Borbone, il suo nome deriva dall’iberico “tinto”, ossia rosso; è infatti un vino dal colore rosso scuro. Il vitigno, che alla fine dell’800 era senza dubbio la varietà maggiormente coltivata in tutta la regione, è stato poi abbandonato in favore di varietà più produttive; riscoperto, da pochi anni espressione autentica dell’enologia molisana.