Biblioteca civica di Trieste

Biblioteca civica Attilio Hortis

Biblioteca civica di Trieste - sala di lettura (anni Trenta)
Biblioteca civica di Trieste - sala di lettura (anni Trenta)

La Pubblica biblioteca arcadica triestina, attivata ad uso pubblico nel 1793 dall’Arcadia Romano-Sonziaca, divenne Biblioteca civica nel 1796, dopo che l’anno precedente gli Arcadi donarono al Comune la loro biblioteca. Fin dall’inizio venne intesa come istituto volto alla formazione del ceto mercantile e industriale che in quegli anni si stava affermando in città. Proprio in quel periodo la biblioteca ricevette donazioni da illustri personaggi provenienti dal continente europeo e nel 1800 giunse in visita anche l’ammiraglio Nelson. In questa primissima fase, per ammortizzare i costi d’impianto, si imposero abbonamenti per le sale di lettura, ma in pochi aderirono a tale misura.
Secondo il regolamento, i volumi non potevano essere presi direttamente dallo scaffale, ma bisognava indicare la segnatura al custode e distributore. Il prestito a domicilio era riservato ai soli contribuenti, anche se per gli altri associati era a disposizione un catalogo di duplicati e edizioni economiche. Dai pubblici avvisi, probabilmente non del tutto esatti, risultava aperta nei giorni feriali dall’ora successiva al sorgere del sole fino alle 22,30 e nei giorni festivi dalle 12 alle 14 e dal tramonto alle 22,30.
Dal 1805 la gestione della biblioteca passò al Governo, ma fino a quel momento era stato Giuseppe de Coletti, segretario dell’Arcadia, a dirigerla. Nel 1807 la biblioteca rimaneva aperta dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 tutti i giorni, tranne quelli festivi, e durante l’inverno fino al tramonto, per evitare spese di illuminazione e pericoli d’incendio; il Coletti, per aiutare gli studiosi, era disposto a concedere permessi straordinari per lavori di qualche premura. Nello stesso anno il bibliotecario giurò come pubblico funzionario governativo e gli venne assegnato uno stipendio di 400 fiorini l’anno.
Inizialmente la biblioteca era situata in Piazza Grande e dopo le occupazioni francesi visse un periodo di profonda decadenza, rimanendo chiusa dal 1813 al 1815, per poi essere spostata nella Contrada del Corso. Nel 1820 il bibliotecario, Giuseppe de Lugnani, ottenne il trasferimento e la sistemazione definitiva nel palazzo Maurizio-Biserini di Piazza Lipsia (attuale Piazza Hortis) dove fu unita all’Accademia di Commercio e Nautica per un totale di circa 10.000 volumi. Per i successivi vent’anni l’attività della biblioteca si svolse in sordina e i frequentatori furono quasi esclusivamente professori e allievi anziani. Il de Lugnani, direttore dal 1815 al 1857, compilò ogni anno, a partire dal 1824, un resoconto in cui dava indicazioni sul numero e la qualità dei lettori, sui libri richiesti, l’inventario, i nuovi acquisti e sulle suppellettili presenti.
Nel 1855 la Biblioteca andava lentamente affrancandosi dalla condizione di “appendice dell’Accademia”, il patrimonio era intanto salito a 25.000 opere e si erano moltiplicate le presenze, tra cui studiosi e molti stranieri.
Nel 1870 la biblioteca divenne definitivamente autonoma dall’Accademia. Tre anni più tardi il direttore Attilio Hortis, figura fondamentale nella storia della biblioteca, fondò la Sezione di storia patria, ancora oggi indispensabile, ed erano ormai numerosi gli studiosi che trascorrevano molto del loro tempo in biblioteca. In quell’epoca era infatti possibile incontrare nei locali della Civica scrittori, intellettuali e artisti. Nel 1929 la biblioteca ottenne di occupare per intero i primi due piani del Palazzo, avendo così a disposizione più spazio per il crescente patrimonio.
Durante la Seconda guerra mondiale la biblioteca non subì danni diretti, anche se al suo interno fu allestito un bunker dai tedeschi. Si presentò, così, l’opportunità di procedere al riordino e all’ammodernamento di cui la biblioteca aveva bisogno già prima della guerra. L’istituto visse nel dopoguerra un periodo di crescita, grazie ad un programma di sviluppo ben meditato e a nuovi finanziamenti. La collezione crebbe di 100.000 unità e si aprì al grande pubblico attraverso mostre e conferenze. Nel giugno del 1951 venne emanato il nuovo regolamento. L’allora direttore Aldo Tassini ebbe anche l’incarico di occuparsi dei corsi per addetti ai servizi delle biblioteche popolari e scolastiche sia nel 1955 (con frequenza di 165 iscritti) che l’anno seguente. Il prestito a domicilio era concesso su cauzione.

Letizia Vagli 

Sito della Biblioteca: <http://www.bibliotecacivicahortis.it/>

Anagrafe biblioteche italiane: <https://anagrafe.iccu.sbn.it/isil/IT-TS0013>

 

Donatella Donzelli - Laura Ruaro Loseri, I ritratti dei fondatori della Biblioteca civica di Trieste: Biblioteca civica, 1793-1993, Trieste, LINT, 1994. 

Biblioteche triestine, a cura di Stelio Crise, Trieste, Associazione italiana biblioteche, Sezione del Veneto orientale e della Venezia Giulia, 1959, p. 107-116.

La fondazione della Biblioteca civica Attilio Hortis di Trieste, Biblioteca civica, 1793-1993, Trieste, LINT, 1994.

Camillo De Franceschi, L'Arcadia Romano-Sonziaca e la Biblioteca civica di Trieste, presentazione di Elvio Guagnini, Trieste, Società di Minerva, 2011.

Biblioteca civica di Trieste - sala della Raccolta Petrarchesca

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