La descrizione dei contenuti e l'evoluzione della struttura

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Tav. 2 - Schema dell’impostazione dei contenuti dei riveli esaminati

Dalla lettura dei documenti è risultata chiara l’impostazione schematica dei riveli, compilati in modo da registrare informazioni in maniera univoca e agevolmente consultabile. Nella Tav. 2 si sintetizzano le diverse sezioni che venivano compilate. Mettendo a confronto la documentazione appartenente ai tre diversi secoli in esame, tuttavia, sono state rilevate alcune variazioni con le quali i riveli divengono sempre più dettagliati in alcune parti. Nel recto del foglio iniziale del documento, in alto a sinistra, si trova sempre l’accettazione da parte dell’autorità competente che aveva il compito di garantire che colui che rivelava dichiarasse il vero. 

In alto a destra, invece, si trova l’intestazione, nella quale era indicato il nome del rivelante che poteva essere di volta in volta il capofamiglia, detto capo di casa (talvolta la vedova), un tutore, un procuratore o un amministratore. Seguono la data del bando, l’indicazione del luogo e il nome del compilatore. Nel 1748 l’intestazione si arricchisce di nuove informazioni: i nomi dei genitori del dichiarante e la data di compilazione del documento.

Più in basso, al centro, la seconda parte riporta il numero dei componenti del nucleo familiare (anime); oltre al rivelante erano elencati i nomi della moglie, dei figli maschi, delle figlie femmine e di eventuali altri individui con indicazione del grado di parentela o del ruolo che ricoprivano all’interno della casa (sorella, fratello, cognato/a, oppure garzone, servo ecc.). L’età è indicata esclusivamente per gli uomini o talvolta per le vedove che rivelavano come capo di casa. Per le donne, invece, poteva essere specificato se si trattasse di ragazze in età da marito (vergini in capillis) o ancora nubili (zitelle). Sporadicamente si trovano anche informazioni sulla professione o indicazioni sui titoli. 

La terza parte contiene l’elenco dei beni posseduti dal nucleo familiare, suddivisi in beni immobili (stabili) e beni mobili. Erano considerati beni immobili le case, i fabbricati rurali e i terreni, dei quali erano riportate l’ubicazione o l’estensione e ai quali veniva attribuito un valore specifico per ciascuna tipologia (solerata, terrana, casalicchio, bottega, palmento ecc.). La valutazione era indicata in onze e si fa più specifica nel  XVIII secolo. Un altro elemento che emerge nel Settecento, rispetto ai due secoli precedenti, è la maggiore attenzione riservata alla descrizione della tipologia delle colture che diviene analitica e dettagliata tanto da indicare singolarmente piante e alberi da frutto presenti nei terreni. 

Tra i beni mobili si trovano invece elencate le provviste, i cereali in deposito, gli eventuali utensili da lavoro e il bestiame, con indicazione della quantità e del valore sempre in onze. Talvolta sono citati panni, stoffe, spezie, cuoio e altre merci che si trovavano all’interno delle botteghe. Raramente compaiono oggetti in oro o argento. (si consulti a tale proposito la nota sulla merce di bottega e gli oggetti preziosi)

Nei riveli del 1748, tra cancellature, correzioni e annotazioni, si trovano numerosi rimandi ad altri fogli  contenenti chiarimenti e spiegazioni, le cosiddette spieghe che il commissario e i suoi collaboratori fornivano alla deputazione competente (consultabili nei faldoni 2119, 2220, 2221).

L’ultima parte è riservata alle gravezze nelle quali rientravano debiti pecuniari, canoni di locazione di terreni e fabbricati rurali, donazioni annuali per gli istituti religiosi. Nel corso del XVII secolo compare la distinzione tra debiti stabili (imposte, censi, decime, canoni affittuari, donazioni) e mobili (debiti privati). 

Di frequente, a margine del foglio si trova il ristretto: l’annotazione numerica della somma del valore dei beni stabili e mobili posseduti dal nucleo familiare, privata di eventuali gravezze. Da tale operazione di otteneva il limpio o facoltà di netto, sul totale del quale era poi calcolato il tributo da versare nelle casse del Regno.

A partire dal 1636 sono state individuate famiglie o singoli individui nullatenenti, censiti come miseri o miserabili: questi  venivano esclusi dal versare qualsiasi contributo nelle casse regie, poiché non possedevano alcun bene o quanto avevano dichiarato non veniva considerato importante ai fini della tassazione. 

In base alla consistenza del patrimonio elencato, le informazioni contenute nei riveli possono occupare uno o più fogli; i riveli dei nullatenenti appena citati, ad esempio, si limitano ad occupare solo il recto di un foglio, mentre tra i documenti più estesi, sempre per il XVII secolo, annoveriamo il rivelo dell’intera Università di Castelbuono. Quest’ultimo, contenuto nel faldone 952 ai fogli 682 r. - 687 v., registra un immobile del valore di 71,12 onze nella piazza della fontana e continua con la lunga elencazione delle rendite provenienti da diversi feudi (Boscamento, Cassanisa, Bergi, Frassani ecc.) e delle gabelle (sulla farina, sull’olio, sulla carne, sul pescato, sul formaggio ecc.), per un totale di 1372,13 onze. Tra le gravezze stabili sono contemplati i salari, le spese per le feste e la musica e le elemosine. Una notazione a parte va fatta per  il riferimento tra i beni mobili ad una mazza d’argento del valore di 50 onze. 

Schermata 2016-06-22 alle 15.41.19