Il centro urbano

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L'elaborazione dei dati:

Prima di puntare l’attenzione su alcuni aspetti di crescita demografica e di evoluzione urbanistica della cittadina di Castelbuono, si ritiene opportuno presentare una breve ma utile sintesi storica: 

  • Il nucleo più antico di Castelbuono si sviluppò in epoca bizantina intorno a un casale sito in una “zona fresca e di media altitudine”, così come indica il nome stesso con cui è noto: Ypsigro. Le fonti storiografiche di riferimento, per le quali si rimanda alla bibliografia ragionata, testimoniano come questo insediamento sorto nel 1282, costituisse già agli inizi del XIV secolo un centro abitato di una certa rilevanza. Contraddistinto dal punto di vista urbanistico da isolati irregolari, strade con sezioni molto strette, vicoli ciechi o con improvvise variazioni di larghezza, direzione e pendenza, presentava le caratteristiche degli impianti urbani di derivazione islamica. 

  • Successivamente, nel 1316 il conte Francesco I Ventimiglia fece costruire un castello in posizione dominante rispetto all’abitato preesistente e, innamorato della mitezza climatica in confronto al rigido clima di Geraci a cui era abituato, decise di chiamarlo Castellum Bonum. Il sistema di mura che lo circondava delimitava un’area caratterizzata da isolati rettangolari, propri dell'urbanistica normanna, che rimase isolata dal resto del centro abitato fino a quando, a metà del XIV secolo, fu aperta una strada per collegarla alla chiesa dedicata a Maria SS. Assunta (matrice vecchia). Sempre grazie ai Ventimiglia, nel XVI secolo l’importanza di Castelbuono aumentò, il nucleo abitativo venne riconosciuto come nucleo urbano e inserito nella contea, poi diventò Principato e successivamente Capitale dello Stato di Geraci.*  

* È possibile riconoscere il primo nucleo abitativo nel quartiere Terravecchia, mentre quello intorno al castello è il quartiere S. Anna, dedicato alla santa patrona (il cui culto è attestato già a partire dal 1454 con l’arrivo della reliquia del teschio al castello, ma che diventa patrona della cittadina solo nel 1615).  Anche la strada che li collega, prima indicata come strada magna di la chiazza dintra, è oggi dedicata a S. Anna, mentre la piazza in cui sorge la chiesa ora ha preso il nome di piazza  Margherita.

Gli indici toponomastici

Partendo dall’analisi della letteratura periegetica esistente e da altri contributi di storiografia locale, non senza l’ausilio di uno stradario cittadino, è stato possibile in larga parte riconoscere e collocare i luoghi  indicati nei riveli. Tali dati si evincono in un primo momento dall’elencazione dei beni immobili, sempre accompagnati da notazioni sulla localizzazione. 

Talvolta i termini quartiere e contrada sono usati in maniera indistinta, soprattutto nel 1548 quando l’espansione dell’abitato è ancora limitata e compaiono indicazioni di luoghi come piazza grande, muro rotto, fontana grande, fontanella, fiumara, bocceria, ponticello, mondizzaro o vengono dati come riferimento solo l’ubicazione delle chiese o delle porte che collegavano Castelbuono ai paesi vicini (porta di Pollina, porta di Cefalù, porta di Castania quelle attestate nei documenti esaminati). Un altro caso emblematico è quello della strada dell’inchiancato o ciacato, così chiamata perché selciata (ciacata). 

Spesso accadeva che i quartieri prendessero il nome dagli edifici principali che li caratterizzavano o da come gli abitanti del luogo erano soliti chiamarli. Un esempio è il quartiere di S. Antonino, che prende il nome dalla chiesa S. Antonino Martire mentre il quartiere Cerasi, che si svilupperà nel XVII secolo, prende il nome dai giardini di ciliegi (cirasi) da cui era caratterizzato nel secolo precedente. 

Poi, con l’edificazione della Matrice Nuova, nel corso del XVII secolo, il paese si espande ulteriormente e inglobando quest’area si spinge fino alla chiesa di S. Francesco d’Assisi e alla lunga strada che per la rinomata fiera che ospitava dà il nome al quartiere (quartiere Fera).

Di volta in volta sono stati appuntati i nomi dei luoghi, anche nelle loro variazioni dialettali, in modo da avere sempre a disposizione degli elenchi da consultare. (si rimanda ai contenuti caricati su MOVIO)

È indispensabile, tuttavia, sottolineare nuovamente come l’indagine, già dall’inizio limitata perché relativa solo ai bandi del 1584, del 1636 e del 1748, sia lacunosa anche a causa dei faldoni mutili o mancanti di cui si è detto. Pertanto, le informazioni topografiche e toponomastiche desunte esclusivamente dai riveli in esame non possono che risultare incomplete ma comunque significative nell’ottica di uno studio che ha come obiettivo quello di stabilire una metodologia di ricerca comune e potenzialmente applicabile ai riveli di altre Università dell’isola. 

A questo proposito, si procede presentando tre esempi di come possono essere utilizzati i dati ricavati dai riveli:

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