Il recupero

In seguito alla morte di Marconi, il panfilo Elettra fu acquistato per 820.000 lire dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni al fine di garantirne la conservazione: gli impianti a bordo della nave furono donati al ministero, in occasione del primo anniversario della scomparsa dello scienziato, dalla Società Marconi italiana.

Nel 1939, l’Elettra fu portata a La Spezia per lavori di ripristino e riclassifica; venne poi trasferita a Trieste, considerata città sicura da incursioni nemiche, l’anno successivo, nell’imminenza dell’entrata in guerra dell’Italia.

Le precauzioni dello Stato non furono però sufficienti ad evitare le requisizione del panfilo dai tedeschi, nel 1943: l’Elettra venne trasformata in unità di impiego bellico. Inutili furono le proteste italiane: la Germania concesse unicamente di sbarcare le apparecchiature radio e i materiali utilizzati da Marconi per i suoi esperimenti, grazie al tacito appoggio del capitano Zimmermann, per l’importanza storica della strumentazione.

Il materiale recuperato venne spedito e conservato, dal 1947, nel Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Il 28 dicembre 1943, quella che fu l’Elettra partì da Trieste in missione di pattuglia e scorta lungo le coste della Dalmazia: meno di un mese dopo, il 21 gennaio 1944, vicino a Zara, la nave fu individuata e bombardata dall’aeronautica inglese. L’Elettra rimase in parte sommersa e alla mercé della sottrazione, indebita, di tutto il materiale riutilizzabile: venne ridotta a nudo relitto e, in base al trattato di pace, divenne proprietà della Repubblica Jugoslava.

Lo Stato italiano iniziò, nel 1951, una decennale trattativa con la Jugoslavia per la restituzione del relitto della bianca nave marconiana: nel 1959 la Jugoslavia permise che venissero effettuati rilievi tecnici sulle possibilità di recupero della nave, consentendo poi, nel 1961, la restituzione dell’Elettra all’Italia, grazie all’intervento diretto del maresciallo Tito su sollecitazione dell’allora Ministro degli esteri italiano Segni.

Il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni fece predisporre uno studio per la ricostruzione della nave: l’Ufficio tecnico della Navalgenarmi di Montefalcone, in seguito a dettagliati rilievi dello scafo, presentò nel novembre del 1962 un progetto per la ricostruzione integrale del panfilo, del laboratorio e degli appartamenti di Marconi.

Gli ingenti preventivi di spesa generarono dieci anni di polemiche, mentre lo stato dell’Elettra peggiorava, corrosa dal passare del tempo.

Nell’ottobre 1972 a Villa Griffone, veniva dato l’annuncio ufficiale della ricostruzione del panfilo dal Direttore Generale delle Poste e Telecomunicazioni: l’anno successivo, l’Arsenale triestino San Rocco veniva incaricato di mettere il relitto in bacino per i rilievi definitivi. Non disponendo dei progetti originali, venne ricostruito un piano di lavoro e furono effettuati i controlli dello scafo sotto la direzione dell’ingegner Oddone.

Gli studi effettuati portarono a concludere che fosse impossibile rendere la nave angora navigabile, mentre poteva essere realizzabile una ricostruzione come “galleggiante”, da spostare a traino. Lo stato di corrosione cui verteva il relitto rendeva impossibile utilizzare molto della vecchia candida nave: il preventivo per i lavori superava lo stanziamento previsto dieci anni prima e, di conseguenza, il progetto fu nuovamente bloccato.

Nel 1977 il ministero decise di smantellare il relitto, dividendo la nave in porzioni, custodite attualmente in diversi musei italiani: la sezione trasversale della nave è conservata in parte nel giardino di Villa Griffone, sede della Fondazione Guglielmo Marconi, e in parte nel Museo del Mare di Trieste; una parte dello scafo è conservata a Villa Durazzo, a Santa Margherita Ligure; la prua è stata posizionata di fronte alla sede del Centro Radioelettrico Sperimentale intitolato a Marconi nell’Area di Ricerca di Padriciano.

Gran parte dell’apparecchiatura di bordo è conservata, invece, presso il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Nel Museo Storico della Comunicazione del Ministero dello Sviluppo Economico, nel quale confluì il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, è conservata la dinamo a vapore del laboratorio itinerante di Marconi ed è stata ricostruita la cabina radiotelegrafica dalla quale lo scienziato poté accendere a distanza le lampade del Municipio di Sidney.

Il recupero del panfilo Elettra raccontato attraverso i documenti del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni conservati dal MiSE.