Ascanio Varese

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Abate Ascanio VareseRitratto di Ascanio Varese in Incisioni, Ritratti, Figure allegoriche, costumi e vedute in tutto n. 49

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La politica di soppressione delle manomorte ecclesiastiche perseguita dalla Repubblica Veneta fin dal 1770, che determinò la fine del Convento di S. Maria delle Grazie, portò alla chiusura anche del più famoso e cospicuo convento di S. Giovanni di Verdara dei Canonici Lateranensi di Padova.

Il complesso citato dal 1219, fu ricostruito a partire dal 1445 con l'intervento, nel 1490, di Lorenzo da Bologna, ed  era famoso soprattutto per la ricca biblioteca posta nell'edificio -oggi cappella, decorata dagli affreschi di Benedetto Montagna- che divideva i due chiostri, quello grande di Pier Antonio dell'Abate (1492 c.) e quello doppio.

I tesori riuniti erano preziosi; senza dimenticare libri e manoscritti accumulatisi nei cinque secoli di vita del convento alla cui cura contribui incessantemente pure Ludovico Antonio Muratori, attento catalogatore della biblioteca (fra le molte opere si conservava anche la biblioteca personale di Giovanni Calfurnio, umanista ed editore, di cui è esposto in mostra un incunabolo). Erano state collezionate antichità, avori, quadri, fossili, ritratti, bronzi, vasi, strumenti matematici, astronomici ed ottici, medaglie. Sotto la guida dell'Abate Ascanio Varese, ad essi si aggiunse nel 1711 la ricca collezione di Marco Mantova Bonavides

Al momento della chiusura, la Repubblica adottò dei provvedimenti particolari per evitare la dispersione della collezione: i 587 manoscritti e 5-6000 libri furono oggetto di una selezione operata dal bibliotecario della "Publica Libraria", la Biblioteca Universitaria, Paolo Roculino, dall'abate Grompo per Ascanio Varese e dall'abate Morelli, bibliotecario della Marciana.

Nel marzo 1784 si decise che i manoscritti, 30 incunaboli e le antichità venissero così trasferite a Venezia mentre i libri a stampa vennero consegnati alla Biblioteca Universitaria e dispersi nei magazzini, secondo un criterio di economicità degli spazi che non salvò le caratteristiche del fondo originario. 

Dopo la soppressione nel convento venne posta la Ca' di Dio, cioè l'orfanotrofio, ma già dal 1847 gli austriaci lo adibirono a caserma; la chiesa con tutti gli arredi invece restò affidata ai canonici secolari prima e ai gesuiti poi, ma già nel 1867 tutti gli edifici vennero adibiti a ospedale militare, ancora oggi affidato all'Esercito Italiano.

Le numerose opere d'arte che decoravano la chiesa sono in gran parte esposte presso i Musei Civici agli Eremitani mentre il rimanente restò a Padova, al Museo di Storia Naturale o Museo Pubblico, costituito già dal 1736, al Gabinetto di Fisica e alla Specola.

I volumi della Biblioteca facilmente riconoscibili dall'etichetta a stampa apposta sul frontespizio o sul suo retro (in alcuni casi abrasa) sono dispersi nei magazzini della Biblioteca Universitaria, dove vennero disposti in base all'altezza, senza costituire un fondo distinto; quelli riconosciuti sono circa un migliaio.

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Bibliografia: C. Casoria Salbergo, Per una storia delle collezioni di San Giovanni di Verdara in Padova: testimonianze documentarie, in “Bollettino dei Civici Musei di Padova”, LXXII, 1983, pp. 219-257;  A. Pasetti Medin, San Giovanni di Verdara: le forme dell'architettura; F. Piovan, Il monastero e la Biblioteca di San Giovanni di Verdara;  P. Tosetti Grandi, "Gli ornamenti del sapere nella pittura e nei ritratti di uomini illustri": gli affreschi  della bibiblioteca di San Giovanni di Verdara, tutti in Le biblioteche e la città, a cura di Raffaella Piva Verona, Mazziana, 1997, rispettivamente pp. 63-67, 57-61 e 69-94. Lo statuario pubblico della Serenissima: due secoli di collezionismo di antichità, 1596-1797 a cura di I. Favaretto, G. L. Ravagnan con scritti di A. Augusti... [et al.], Cittadella, Biblos, [1997] (Catalogo della Mostra tenuta a Venezia nel 1997).  

39.a.6354.a.8954.a.90