49 - Simboli predicabili

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35.b.3-Antiporta part35.b.3-Antiporta simbolo evangelista GiovanniFiglio di Gianfrancesco I Labia cui si deve l’iscrizione della famiglia al patriziato veneziano nel 1646, Carlo (1624-1701) si segnala fra i suoi numerosi fratelli per le spiccate doti letterarie. Chierico regolare teatino, nel 1659 fu nominato Arcivescovo di Corfù e poi nel 1682 vescovo di Adria, carica che ricoprì fino alla morte.

Secondo parte degli studi è possibile che egli avesse avuto un ruolo nell’ideazione del grande palazzo di famiglia che gli eredi di Giambattista stavano edificando sul Canal Grande.

Alla sua attività pastorale unì quella di dotto scrittore religioso che si concreta in quattro ponderose raccolte di imprese: le Imprese pastorali (Venezia 1685); i Simboli predicabili; i Simboli festivi (Venezia 1698) e l’Horto Simbolico (Venezia 1700), tutti volumi in folio, dalla veste editoriale particolarmente curata, che furono pubblicati a Venezia dalla tipografia di Nicolò Pezzana, fatta eccezione per il primo volume dei Simboli predicabili uscito a Ferrara presso Bernardino Barbieri nel 1692.

I Simboli predicabili uscirono in due volumi, il primo a Ferrara nel 1692 e il secondo a Venezia quattro anni dopo. Presentano entrambi la stessa antiporta, incisa da Isabella Piccini su disegno del pittore Antonio Zanchi (mm 301 x 192, Il Cavalier Antonio Zanchi delineò/Suor Isabella Piccini Scolpì).

35.b.3-Antiporta

Nella composizione il simbolo della Trinità irradia un globo terrestre sorretto da due cherubini e dai simboli dei quattro evangelisti su cui è ripreso per intero il titolo del frontespizio. Nella metà inferiore dell’inciso sono raffigurati i quattro apostoli nell’atto di scrivere i rispettivi Vangeli, con lo sguardo rivolto verso l’alto a trarre ispirazione dallo Spirito Santo. Accanto a Luca, Zanchi ha aggiunto come ulteriore attributo una tavolozza con i pennelli a ricordare il suo ruolo di protettore dei pittori. Completa l’antiporta l’iscrizione latina posta su un cartiglio in basso a sinistra che riproduce la seconda parte di uno dei proverbi di Salomone (VIII, 6): “quoniam de rebus magnis locutura sum et aperientur labia mea ut recta praedicent” ("Ascoltate perchè dirò cose elevate, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste"), dove il gioco di parole fra “labia mea” e il cognome dell’autore è evidente.

Il frontespizio del primo volume è composto da diciotto righe in nero e rosso con caratteri di diversa tipologia e dimensione. La struttura della pagina e l’allineamento delle righe è identico anche nel secondo volume, dove sono sostituiti il luogo, la data di edizione e lo stampatore. Viene anche aggiunta una riga per l’indicazione “Parte seconda” e cambiata la vignetta calcografica, incisa, nell’edizione veneziana del secondo volume, da Isabella Piccini (mm 97 x 145, Suor Isabella P. F.), cui pare riferibile anche l’esecuzione delle imprese all’interno del volume. La stessa vignetta, che si ritrova già nelle Imprese pastorali, sarà impiegata anche per i successivi Simboli festivi. Segue il ritratto di Labia, in abiti vescovili con camice e mozzetta (Domenico Uberti delineò / Suor Isabella Piccini Monaca in S.a Croce di Vene.a Scolpì).  


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