Raccolte

Verso di una carta salata di Stefano Lecchi, firmata e datata con timbro e numero d'ingresso della vecchia Biblioteca Vittorio Emanuele e la dicitura 'Calandrelli' (Biblioteca di Storia moderna e contemporanea, Roma)

 

Man mano che la storia diveniva vissuto e cronaca quotidiani, il linguaggio delle illustrazioni trovava modo di esprimersi nella frenetica produzione di documenti iconografici legati agli avvenimenti e ai personaggi contemporanei.

Durante l’Ottocento le immagini costituivano un vero e proprio patrimonio iconografico di quella memoria nazionale che si andava fissando. Narravano e descrivevano uomini, fatti, personaggi. La loro diffusione avveniva attraverso incisioni, dipinti, fotografie. Le raffigurazioni divenivano, per il loro stesso possesso, adesione-partecipazione a ideali e valori largamente condivisi, alimentati e sostenuti da diverse tipologie di immagine. Entravano a far parte di quelle raccolte che erano grandi o piccole gallerie private, pantheon domestici da esibire in alcuni ambienti o da conservare e godere in visioni rigidamente private o elitarie.

Con l’acquisizione di fotografie, acquerelli, disegni, dipinti, litografie il collezionismo di immagini relative alla Repubblica e alla Roma del 1849 poteva rispondere alle diversificate esigenze del turismo e di coloro che a vario titolo avevano partecipato alla vita della Repubblica o avevano assistito agli avvenimenti.

Al di là delle significative differenze proprie delle diverse tecniche espressive si poteva creare un personale museo di testimonianze visive da aggiungere spesso ai propri disegni, ai propri schizzi.

La somiglianza, se si opera un confronto tra immagini che fanno parte di diverse raccolte è solo parzialmente legata all’oggetto rappresentato, alle linee di paesaggio. Diversa è però l’attenzione che distingue il modo di lavorare dei fotografi da quello degli altri artisti che avevano a disposizione tempi più lunghi per organizzare ed elaborare l’immagine anche a distanza di tempo.

Il possesso delle raffigurazioni dei luoghi diveniva per il fruitore, spesso testimone o protagonista degli avvenimenti, un mezzo per registrare e conservare la memoria. Possiamo supporre che attraverso la raffigurazione delle nuove rovine di Roma emergesse il ricordo della lotta sostenuta e dei protagonisti della vita della Repubblica.

Si trattava di raccolte iconografiche diversificate nelle tecniche e nella personale interpretazione degli artisti ma nate con un unico riferimento, Roma e la Repubblica del ’49, e plausibilmente un ben preciso scopo: raccogliere e tramandare quelle testimonianze visive di un’esperienza individuale che si avvia a diventare anche memoria collettiva di un popolo.

Le collezioni Calandrelli, Bertani e quella Caetani (possessore dell'album da lui regalato a Cheney) sono solo alcune delle tante collezioni che si formano e relativamente alle quali andrebbero evidenziati i rapporti che legano i possessori delle immagini agli artisti. Andrebbero evidenziati inoltre anche i rapporti di mecenatismo, d’intermediazione, di collegamento tenuti a volte da parte di personaggi di rilievo come Michelangelo Caetani. Ma non solo; una spia dell’interesse verso queste collezioni che si erano andate formando e del nuovo culto che ne scaturiva dopo l’unificazione italiana è osservabile dalla presenza di grosse collezioni a mostre importanti come quella del 1884 a Torino e, soprattutto, quella del 1911 a Roma.

È interessante seguire l’evoluzione della fase preparatoria di tale mostra. Nel 1908, all’interno del Comitato per l’Esposizione di Roma del 1911 (finalizzata a celebrare solennemente il cinquantenario dell’unità d’Italia), fu stabilito che la settima sezione avrebbe provveduto a preparare una Mostra del Risorgimento «con speciale riguardo alla storia di Roma e dello Stato pontificio». A questo Comitato si unì il Comitato nazionale per la Storia del Risorgimento istituito nel 1906 che aveva tra i suoi scopi principali quello di costituire un Museo del Risorgimento nei locali del monumento a Vittorio Emanuele II. La mostra si prospettava come il primo nucleo del futuro museo e pertanto il Comitato nazionale fornì aiuto economico e mise a disposizione il ricco materiale conservato nella Sezione Risorgimento della Biblioteca Vittorio Emanuele. La Mostra, «seguendo un rigoroso e ben saldo indirizzo» aveva lo scopo di illustrare «nei suoi momenti principali la storia di Roma dal 1791, quando per la prima volta un’eco della rivoluzione di Francia giunse tra le mura cesaree, fino al giorno in cui fu di fatto capitale d’Italia». La mostra veniva allestita nel monumento a Vittorio Emanuele II.

Tra i documenti esposti ve ne erano anche molti di Calandrelli. Si legge infatti nel Catalogo della Mostra: «Carte di Alessandro Calandrelli. Riempiono dieci cartelle e contengono documenti di vari periodi dal 1842 al 1869, ma specialmente riguardanti la Repubblica romana del 1849. Notiamo fra l’altro le sue memorie autografe sui fatti di Roma del 1848-49 e sulla sua prigionia» (Mostra 1913).

Erano anche presentate, sul leggio 145, «Fotografie delle rovine di Roma dopo l’assedio del 1849. Dalle carte di Alessandro Calandrelli. (Biblioteca Vittorio Emanuele, Sezione del Risorgimento)» (Mostra 1913). È pertanto probabile che sul leggio fosse posto un album contenente le carte salate originali oggi conservate presso la Biblioteca di Storia moderna e contemporanea. Sul tabellone 140 della Mostra risultano inoltre presenti «Rovine di Roma ed episodi dell’assedio di Roma del 1849. Alcune fotografie tratte dal daguerrotipo (Biblioteca Vittorio Emanuele, Sezione Risorgimento)». Non è da escludere che la parola «daguerrotipo» sia stata utilizzata impropriamente per definire le copie fotografiche attualmente conservate presso il Museo Centrale del Risorgimento di Roma. Questa ipotesi potrebbe fornire una datazione (e una motivazione) alla realizzazione di tali copie nonché giustificare il motivo per cui, persa memoria degli originali, esse siano state il mezzo attraverso cui si è conosciuto e studiato Lecchi.

(Maria Pia Critelli)