Nicoletto, Italo

Nome
Italo Nicoletto
Data di nascita
15/07/1909
Data di morte
05/12/1992
Italo Nicoletto
Italo Nicoletto

Nacque a Oberhausen, in Germania, il 15 luglio 1909, da Napoleone e Regina Conti. Affidato all'età di due anni ai nonni materni, frequentò le scuole elementari a Quinzano d’Oglio, in provincia di Brescia, iscrivendosi più tardi all’istituto tecnico inferiore di Brescia.
Influenzato dal nonno e dal padre (che tornato in Italia dopo la fine della guerra nel 1919 si candidò alle elezioni amministrative nelle file del Psi), manifestò sin da adolescente simpatie comuniste, costituendo nel 1921 a Quinzano il Circolo dei comunisti, e poi frequentando la Camera del lavoro di Brescia e iscrivendosi nel 1924 alla Federazione giovanile comunista italiana. Tenace d'animo e di carattere risoluto, nel 1927 scriveva di suo pugno un giornaletto clandestino intitolato «Il comunista» (aiutato e sostenuto da un ventenne Altiero Spinelli, allora segretario interregionale della Federazione giovanile comunista) e intanto si prodigava per diffondere, ritirandoli a Milano, pacchi dell'Unità poi diffusi nel bresciano.
Arrestato nell'aprile del 1927 a Brescia, venne condannato dal Tribunale speciale a tre anni di reclusione scontati nelle carceri di Viterbo. Qui si dedicò con serietà e passione alla lettura e allo studio (in particolare delle lingue), intrattenendo un fitto dialogo epistolare con amici e familiari. Ad un mese dalla condanna scriveva ai genitori e all'amatissima sorella: «Siate forti e coraggiosi, e anch'io saprò scontare ancora i due anni che mi rimangono non dico con coraggio e fermezza, che di quelli non me ne mancano, ma in uno studio continuato e proficuo».
Rifiutatosi di firmare la domanda di grazia presentata dai genitori, finita di scontare la pena nell’aprile 1930 fu reputato soggetto pericoloso e inviato al confino a Lipari per altri 2 anni. Qui, oltre a distinguersi per alcune azioni di protesta contro la censura della corrispondenza e per la difesa dei diritti dei confinati, tra il 1930 e il 1931 fu nominato direttore della biblioteca, riuscendo tra l'altro a ottenere in lettura da Benedetto Croce una copia de «La critica».
Dopo una sospensione dalla pena per adempiere al servizio militare, nel marzo 1931 fu liberato e fece ritorno a Brescia. Qui tentò di rianimare la rete clandestina del partito comunista, ma nel luglio 1932 fu arrestato a Lumezzane e nuovamente inviato al confino. Stavolta collocato a Ponza, trascorse sull'isola tre anni, dove fu nominato direttore dello spaccio autogestito dai confinati. A Ponza incontrò e poi sposò nel 1933 la confinata Maria Pippan, comunista triestina, dalla quale ebbe tre figli. Sull'isola intanto proseguiva la sete di conoscenza e la curiosità verso il mondo, manifestata attraverso la propensione alla lettura e allo studio: «Caro babbo, [...] Non credere però che tutta la nostra vita trascorra ammirando il cielo, il mare, ecc. I libri, i miei più cari amici, mi fanno sempre una ottima compagnia. E sono amici tanto più cari e desiderati in quanto li faccio parlare e tacere secondo la mia volontà; sono i rallegratori delle ore tristi, sono i calmanti delle ore luminose, quando il sangue scorre in fretta nelle nostre vene, e le pulsazioni del cuore ci fanno sembrare tanto bella la nostra vita».
Ripetutamente in conflitto con le autorità del confino, fu arrestato e trasferito – su richiesta di Mussolini – alle Tremiti e poi a Ventotene. Nuovamente al centro di contrasti con la direzione del confino, nell'aprile del 1935 fu arrestato e condannato a otto mesi di reclusione nelle carceri di Poggioreale. Tornato in libertà nel 1936, dopo aver tentato di riallacciare i contatti con i compagni di partito, fu ricercato dalla polizia e dunque trovò rifugio in Jugoslavia. Messosi in viaggio, e dopo aver fatto sosta a Malta e in Tunisia, approdò in Francia, stabilendosi prima a Marsiglia e poi a Parigi, e mettendosi qui a disposizione del Centro estero del PCd'I. Rifiutatosi di partire per Mosca, si arruolò volontario nelle Brigate internazionali in Spagna. Ferito in combattimento sul fronte dell’Ebro, nel 1938 tornò a Parigi riprendendo il lavoro all’interno del Centro estero del PCd’I e occupandosi in particolare di attività editoriali.
Partecipò attivamente alla Resistenza francese come uno dei comandanti dei gruppi stranieri della Francia meridionale. Arrestato perciò a Nizza nel 1943, fu estradato in Italia e rocambolescamente liberato con Emilio Sereni nell'agosto del 1944. Entrato nelle Brigate Garibaldi nelle Langhe, venne nominato comandante militare della piazza di Torino. Dopo la liberazione lasciò Torino e fece ritorno nella sua Brescia.
Nel dopoguerra fu segretario della Federazione del PCI di Brescia e Mantova, poi consigliere comunale a Brescia e sindaco di Quinzano d’Oglio. Nel 1948 fu eletto alla Camera dei deputati nel collegio Bergamo-Brescia, venendo riconfermato nelle successive tre legislature.
Oltre alla pubblicazione del carteggio intrattenuto con la famiglia durante il fascismo (Lettere dal carcere, dal confino, dall’esilio, 1980), nel 1981 pubblicò l'autobiografia Anni della mia vita (1909-1945).
Morì a Brescia il 5 dicembre 1992.

Enrico Pio Ardolino

Claudio Rabaglino, Nicoletto, Italo, in: Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 78 (2013).

Fondazione Luigi Micheletti, Italo Nicoletto. Album 1945-1953.

Relazioni