Ghirelli (1945)

Fonte:
Antonio Ghirelli, Gli avvocati a Napoli, «Il Politecnico», n. 6 (3 nov. 1945), p. [6].

«E' nella facoltà di giurisprudenza dell'Università di Napoli [...] che i figli della piccola e media borghesia rurali, affluiti dalla provincia, si avviano allo studio dei codici. [...] Venuti in città con poco danaro, con molto desiderio di non tornare indietro, ossessionati dalle sordide condizioni di vita delle loro contrade d'origine, i giovani provinciali si buttano ad uno studio matto e disperatissimo. [...] In periodo fascista si recavano al Guf, con impegno, con una stupita serietà, per constatare che cosa ci fosse di vero in quello che dicevano i giornali, e quasi sempre vi si attaccavano, adibiti ai lavori più noiosi, più puntuali. [...] Vanno vestiti male, e non usciranno mai, prima della laurea, dal quartiere in cui hanno trovato la stanzetta sempre in generale intorno all'Università, nella vecchia Napoli greca dei notai, dei librai, dei negozi musicali, la Napoli di Giambattista Vico. Le ore migliori le passano alla Biblioteca Nazionale, accanto al Palazzo Reale, o in quella dell'Università. Là, nei libri che studiano e meditano con la serietà dei contadini, si sentono l'aristocrazia del mondo, non più ridicoli come nei loro abiti, o gretti e affamati come nei loro ammezzati. Alla laurea costellata di trenta si trovano spauriti, ormai fuori dall'Università, fuori spesso dal sussidio del padre dal paese, sbattuti in un mondo di gente furba e maligna che si prende gioco del loro accento e dei loro pantaloni troppo corti.»

(Antonio Ghirelli, Gli avvocati a Napoli, «Il Politecnico», n. 6 (3 nov. 1945), p. [6]).

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