Violante (1996)

Fonte:
«Hospes eras, civem te feci»: italiani e non italiani a Roma nell’ambito delle ricerche umanistiche, introduzione a cura di Paolo Vian, premesse di Carl Nylander e Romolo Guasco, Roma, Unione internazionale degli istituti di archeologia, storia e storia dell’arte in Roma, 1996.

«Il mio primo tuffo nel mondo internazionale degli istituti scientifici e delle biblioteche internazionali lo feci a Roma nel gennaio 1948. Provenivo da Napoli, dall'Istituto Croce, il cui direttore Federico Chabod, avendo deciso che la mia tesi di laurea su Ariberto, famoso arcivescovo di Milano del secolo XI, potesse diventare un libro, aveva ritenuto giunto il momento che consultassi tutte le edizioni delle fonti riguardanti Milano, il papato, il regno italico e l'impero e che cominciassi a ricercare la bibliografia sull'argomento. Infatti a Catania, dove ero stato catapultato dalle vicende conseguenti alla guerra, non esistevano, allora, nemmeno i Monumenta Germaniae Historica e, a parte le principali opere storico-giuridiche, c'era poco o nulla di storiografia medioevistica che non riguardasse Arabi, Normanni, Svevi e Aragonesi in Sicilia. Così sbarcai a Roma, munito di un biglietto di Chabod per Ernesto Sestan, che andai subito a trovare a Palazzo Caetani, all'Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e Contemporanea, dov'era segretario. [...] E mi inviò, con un suo biglietto, da Raffaello Morghen, che non solo medioevista lo era, ma mi avrebbe potuto procurare l'accesso alla biblioteca dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo. [...]
Spalancatemi le porte dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, fui quasi stordito dalla quantità di libri per me utilissimi che vi potevo trovare e rimasi impressionato specialmente dalle famose «tesi di abilitazione» tedesche.
Nel seguente anno accademico mi stabilii a Pisa, ma non solo mi fermavo a Roma tutte le volte che passavo di lì nei miei viaggi da e per Catania, dove vivevano i miei genitori, ma parecchie altre volte, durante l'anno, vi facevo una rapida scappata di un giorno tra due notti di treno. Allora per sfruttare la preziosa biblioteca dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, poiché non avevano ancora inventato i microfilm né le fotocopie, mi impegnavo all'estremo nella lettura di lunghi saggi e di libri, magari in tedesco, cercando di cogliere, quasi divinatoriamente, le linee essenziali della trattazione e di individuare i passi cruciali, fissandoli febbrilmente in appunti che dovevano essere sintetici al massimo. Certo l'organismo doveva essere in quelle ore frustato da terribili scariche di adrenalina. Ma fu quello un prezioso allenamento mentale a cogliere subito l'essenza di un saggio storico. [...]
Ma già allora Roma non significava più soltanto la frequenza della biblioteca dell'Istituto di piazza dell'Orologio, bensì anche l'accesso alla Biblioteca Vaticana, dove mi indirizzò Delio Cantimori, mio antico professore alla Scuola Normale di Pisa, con la raccomandazione di rivolgermi per qualsiasi esigenza scientifica ad Augusto Campana, il quale, con la sua prodigiosa memoria, ricordava tutte le persone, le opere, i luoghi, che aveva incontrati negli innumerevoli codici studiati o solo consultati e nei tanti saggi di erudizione e di filologia che aveva letti e aveva una straordinaria capacità di trovare corrispondenze e connessioni tra quei nomi e quelli presentatigli da chi gli chiedeva lume. [...]
Roma cessò di essere, per me, essenzialmente la lontana mecca delle biblioteche, quando, nella primavera del 1952, vinsi, insieme al filologo Arrigo Castellani, il concorso per un «comando» di sei anni presso la Scuola Nazionale di studi medievali annessa all'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo. [...]
A dir la verità, in quei quattro anni (dalla primavera 1952 alla primavera 1956) che passai a Roma presso l'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo non frequentai molto gli analoghi Istituti stranieri, se non per studiare nelle loro preziose biblioteche: quella dell'École française, quella dell'Academia Belgica e – specialmente – quella dell'Istituto Storico Germanico. Allora la vita accademica internazionale a Roma era abbastanza limitata. Gli istituti italiani e stranieri stavano ancora riparando i danni della guerra e colmando le lacune, il personale scientifico era esiguo, ma cominciavano a venire a Roma (solo dalle nazioni al di qua della cortina di ferro) nuove leve di studiosi, ancora giovanissimi e un po' disorientati. Perciò conobbi e frequentai poche persone degli istituti stranieri: alla Biblioteca Vaticana, preparando il libro sulla pataria milanese, lavoravo spesso a fianco di Heinrich Schmidinger, dell'Istituto Austriaco di Cultura, che studiava il patriarcato di Aquileia.»

(Cinzio Violante, Il mio incontro con Roma, in: «Hospes eras, civem te feci», p. 113-120).

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