Allason (1961d)

Fonte:
Barbara Allason, Memorie di una antifascista, 1919-1940, Milano, Edizioni Avanti!, 1961.

«A Torino – dove egli [Benedetto Croce] veniva due o tre volte l'anno, poiché egli ha sempre molto amato la nostra città, e sempre gli piacque indugiare nelle sue tranquille biblioteche – era la casa di suo cognato Oreste Rossi, di cui Croce aveva sposato la sorella, che lo accoglieva e ci accoglieva.»

(Barbara AllasonMemorie di una antifascista, p. 55-56. La prima edizione uscì senza data tra il 1945 e il 1946).

«Se vi fu, in tutta questa vicenda, un uomo veramente degno di ammirazione, fu Luigi Salvatorelli. [...] Professore di Storia delle religioni all'Università di Roma, tratto dal Frassati al giornalismo [...] aveva rinunciato alla cattedra per diventare redattore politico della Stampa. La catastrofe di questo giornale travolse anche lui. Conscio della forza dell'uomo, il regime si sarebbe appagato da parte sua di una forma di adesione anche solo formale [...]. Nulla egli concedé. Si ritirò a vita privata, visse giornalmente del suo lavoro, di un lavoro che noi che lo vedemmo all'opera sappiamo ostinato, assiduo, senza riposo: il suo scrittoio, le biblioteche di Torino furono per anni l'orizzonte di questo umbro socievole e appassionato di cose belle: [...] unico svago i radi incontri coi pochi che allora osavano ancora pensare come lui»
(ivi, p. 63).

«Una delle persone con cui ero stata piú vicina nei giorni di Roma [...] era Pietro Egidi, professore di Storia moderna all'Università di Torino e amico di vecchia data. [...] Poche settimane dopo [il 1° agosto 1929], mentre a Courmayeur egli era ospite di Lionello Venturi, durante una gita con l'amico, di colpo piombò a terra. Si corse a lui per rialzarlo; era morto.
Benedetto Croce fu molto addolorato da quella fine. Il giorno in cui la notizia giunse a Torino lo raggiunsi alla Biblioteca Nazionale: in fondo alla sala, in piedi e in silenzio stavano [Francesco] Lemmi, [Giorgio] Falco, alcuni altri storici accorsi alla notizia. Croce rimpiangeva l'amico prematuramente mancato, rimpiangeva il liberale schietto e di buona tempra. «Ai suoi tempi – ci diceva – il Giusti poteva scrivere: "muore un codino e nasce un liberale!" Oggi...».» 
(ivi, p. 95-96).

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