Cantimori (1962)

Fonte:
Delio Cantimori, Conversando di storia, Bari, Laterza, 1967.

«Nel 1929-30 e nel 1930-31, a Cagliari, [...] ero abbonato alla «Critica fascista» (e la facevo leggere); ma anche al «Selvaggio»; all’«Italiano»; alla «Europäische Revue» del Rohan; agli «Europäische Hefte» di Amburgo; alla rivista di geopolitica di Haushofer, al settimanale politico conservatore tedesco «Der Ring», a «Vita Nova» di Bologna, diretta da Giuseppe Saitta, alla «Critica» di B. Croce, al «Giornale critico della filosofia italiana» di G. Gentile e alla «Neue Schweizer Rundschau» di M. Rychner. [...]
Ero entrato nel partito fascista nel 1926, durante l’estate o la primavera. Ero pieno di confusione mentale e quasi senza scusanti: infatti avevo pur letto «Rivoluzione liberale» alla Biblioteca civica di Forlì e l’«Unità» di Salvemini alla quale era abbonato mio padre; nel 1929 poi, quando andai a Cagliari, avevo discusso, durante gli anni universitari, con Umberto Segre, con A. Capitini, con C.L. Ragghianti. Tuttavia, ero convinto che il fascismo aveva fatto e stava facendo la vera rivoluzione italiana, che doveva diventare rivoluzione europea; e ritenevo che bisognasse lavorare su questa strada. Non ignoravo neppure (proprio dai conservatori tedeschi avevo imparato a tenerla presente) l’importanza della Rivoluzione sovietica [...], non ignoravo le tristi giornate dell’estate 1922 in Italia; avevo letto spesso l’«Avanti!», e qualche volta «Il Comunista» [...]: eppure, ero convinto o credevo d’esser convinto che la strada giusta fosse per l’Italia quella dei fascisti: che mistero di stoltezza! [...] Ma, se penso a quel che ero, non posso vantarmene: insomma non ero all’oscuro di alcune delle più note alternative politiche al fascismo (compresa quella conservatrice e reazionaria dichiarata, che conoscevo attraverso i tedeschi [...]); avevo letto perfino, in Svizzera, qualche numero di giornale dell’emigrazione italiana, nel 1927 o 1928. Dunque, non era perché non sapessi. Certo, non sapevo tutto. Non starò a fare l’analisi del come e del perché mi ero messo su quella strada, né mi metterò a dire che la confusione che avevo in testa era colpa di Gentile, Croce, De Sanctis, Hegel, Mazzini, Gioberti, Gioacchino Volpe, Lutero, Burckhardt, Sorel. Non mi metterò a dire che era colpa dei padri».
(Delio Cantimori, Il mestiere dello storico, «Itinerari», n. 58 (giugno 1962), pp. 94-104; poi in Conversando di storia, p. 132-144: 137-139).

«Con gli studenti, il primo anno mi trovai molto bene; ero pieno di entusiasmo per il mio lavoro, riuscivo a studiare per le mie ricerche con l'aiuto del buon [Gino] Tamburini, direttore della biblioteca universitaria [di Cagliari]; una mia relazione al libro sulle Tre economie di W. Sombart, appena uscito, mi aveva procurato l'approvazione di Adelchi Baratono e un po' di prestigio scolastico.»
(ivi, p. 139-140).

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