Ciccotti (1908)

Fonte:
[Ettore Ciccotti], Montecitorio: noterelle di uno che c'è stato, Roma, Luigi Mongini, 1908.

«Se il visitatore non è già disilluso nella sua curiosità o non è già stanco; se l’accompagnatore non ha troppa fretta si sale ancora un ramo di scale per arrivare alla Biblioteca... I libri, cresciuti di anno in anno, addensati negli scaffali, salgono sino alla soffitta, mettendo a dura prova la ingegnosità del bibliotecario per trovar posto ancora a quelli che vengono e che verranno, suscitando qualche preoccupazione per la durata di un equilibrio che, turbato in un istante, seppellirebbe, dalle altezze ove l’hanno ricacciata, sotto una valanga di scienza immagazzinata, il nido e l’arsenale de’ legislatori d’Italia. I curiosi guardano stupefatti quell’apparato, mentre cercano di smorzare il rumore de’ passi sulla stuoia e di sussurrare più discretamente qualche loro domanda, nella tema di disturbare i rari frequentatori alle prese con qualche stenogramma da rifare o con mucchi di libri frettolosamente affastellati da compulsare. Di tanto in tanto si apre e si richiude, sbattuta, la porta delle scale o dell’ascensore, e arriva qualche deputato, che deve preparare il suo discorso, e domanda ansiosamente al personale della biblioteca de’ libri che lo illuminino sull’argomento, che, sfogliati o leggiucchiati qua e là, lo facciano apparire pronto, saputo, dotto anche, un pozzo di scienza se occorre, se è possibile, di fronte a’ colleghi o almeno davanti agli elettori. I distributori frugano i grandi cataloghi, girano le lunghe corsie, si arrampicano sulle lunghe scale tremolanti, vanno, vengono, tornano, messi sempre nuovamente a contributo per trovare un altro libro, un libro più riassuntivo più universale più scansafatiche; e, dopo un’ora, dopo mezz’ora, il deputato riparte; e qualche volta il grosso acervo di libri lo aspetta per una settimana, per quindici giorni, per un mese; documento se non testimone de’ suoi studî profondi, mentre il suo discorso forma già l’ammirazione degli elettori che non lo leggono, od egli stesso corre le ferrovie d’Italia dietro una causa da vincere, un affare da concludere, o, magari, una cocotte da conquistare. Ma qualche volta la Biblioteca si popola insolitamente, ne’ giorni di grande votazione, quando gli ascari, come si chiamano i deputati ministeriali con tutti i ministeri, accorrono chiamati dal telegrafo, e gli avvocati specialmente si rifugiano lassù per compilare a più agio le loro comparse conclusionali o sbrigare le corrispondenze con i clienti, intanto che i campanelli si mettono a squillare con strepito folle per annunziare l’appello nominale imminente, e gli uscieri sollecitano gli ultimi ritardatarî.
Qualche volta anche la Biblioteca vede visitatori insoliti: in tempo di crisi ministeriali.
Mentre ovunque si danno convegni, e le trattative e gl’intrighi si annodano si sciolgono fervono da per tutto, e ogni occhio che guarda e ogni orecchio che ascolta può essere quello di un indiscreto o di un concorrente che deve ignorare; gli aspiranti al potere, i cacciatori di portafogli, i questuanti di sotto-segretari si danno la posta o si mettono in agguato in Biblioteca, dove si aggirano circospetti, chiedendo un libro che non c’è, troppo impazienti per leggere o sedere; finchè l’atteso arrivo, e dopo una mezz’ora, un quarto d’ora di promesse bisbigliate, di sollecitazioni, dall’estremo fondo della Biblioteca esce un nuovo ministro, o un deluso, che dal suo banco di oppositore, cauto e tenace, accomodante o stizzoso, ricomincia il lavoro di approcci o di scalata al potere.
E subito la Biblioteca torna ad essere silenziosa, solitaria, frequentata appena da qualche studioso o da qualche ex-deputato che pratica e conserva le abitudini d’inquilino di Montecitorio.»

(Ettore Ciccotti, Montecitorio, pp. 18-20)

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