Feo (2015)

Fonte:
Michele Feo, Büchervernichtung ovvero la guerra di Pisa, «Il Grandevetro», 39, n. 223 (gen.-feb. 2015).

«Un nuovo spettro si aggira per l'Europa, anzi per l'universo mondo, e anche per Pisa. È l'odio per i libri. È uno spettro che ha origini lontane e ha prolificato nelle civiltà a noi vicine, la greco-latina, l'ebraica, la cristiana e l'islamica (ché di altre non ho contezza). [...]
In questa città [...] fu chiusa la Biblioteca Universitaria col pretesto di una lesione causata dal terremoto della lontana Emilia. Si promise che sarebbe stata riaperta dopo due mesi, poi dopo sei mesi, poi dopo un anno, poi dopo due anni, e intanto di anni ne sono trascorsi due e mezzo, e si rinnovano promesse sempre più lunghe. I libri della BUP sono stati smembrati e dislocati. Foto rubate mostrano la gloriosa sala delle riviste ridotta a squalentia terga atro pulvere. A nulla sono valse le proteste. A chi scrive, per aver raccontato la tristezza dell'ammutolito palazzo della Sapienza (Il ponte del giugno 2014), è stata comminata uno scomunica da Comintern, cui zelanti clientele rettorali hanno aggiunto minacce di roghi, condite dell'elegantissimo osservazione che chi parlava non era nemmeno professore dell'Università di Pisa. Ora l'esempio fa scuola: dalle biblioteche di dipartimento dell'Università e dalla Biblioteca Comunale si gettano via libri di valore, spesso con dedica e in esemplare unico. Alle proteste frammentate sui quotidiani locali e su periodici on-line si risponde negando l'evidenza e aggredendo l'onorabilità di chi protesta. Si dice che Pisa ha troppi libri: questa affermazione mi ricorda pericolosamente la motivazione con cui un anonimo poeta medievale spiega il bruciamento di Arnaldo da Brescia: sapeva troppo. Ma la provinciale amministrazione della grande Pisa non sa che la città non ha più di 500 mila libri e che Algeri nell'Africa coloniale al tempo della battaglia per l'indipendenza ne aveva 6 milioni.
Si dice che i libri della Sapienza si ricompatteranno: è una promessa da pseudo-profeti. In Italia non si tocca mai più ciò che è provvisorio, e sempre dentro e fuori Italia la divisione e lo spezzettamento sono i primi passi verso la distruzione. Si cercano soldi per rifare il palazzo della Sapienza. Istituzioni pubbliche e private si dice abbiano già promesso tre milioni. Ma nessuno dice cosa del Palazzo si intenda fare: nessun proclamo, nessuna impalcatura, nessun cartello, nessun progetto visibile. Onde il sospetto che a tutto si miri che a rimpatriare BUP. Noi diciamo al nostro Ministro dei Beni Culturali, alle banche e alle benefiche associazioni: non date un euro finché non si abbia un progetto pubblicamente evidente, pubblicamente discusso e accettato, che rimetta al centro l'interesse collettivo, la salvezza del bene, il diritto al sapere, la salvaguardia di un patrimonio unico, insostituibile, irrinunciabile.
I libri sono muti e terribili testimoni. Non costringiamoli a dire invidiosi veri con tutta l'eloquenza di cui sono capaci. Le biblioteche sono l'archivio della memoria collettiva dei popoli e di tutto il genere umano. Memoria tangibile, carezzabile, odorabile. Memoria che sta qui, sulla terra che ci ha generati e non negli spazi siderali. Perdere il contatto fisico con questa memoria potrebbe significare naufragare senza appigli. L'ho già detto altra volta. Mi si perdoni se qui lo ripeto. L’umanesimo ha realizzato la inconsapevolmente profana metamorfosi del vas electionis, l'assemblea eterna di tutti i membri del corpo di Cristo, nel terreno vaso librario, che è la chiamata a raccolta di tutti gli artefici della parola reificata nei libri. Distratti, non ci accorgiamo, quando entriamo in una biblioteca, di entrare nel sacrario dove i nostri morti aspettano silenziosi di rispondere alle nostre domande. Perché non possiamo fare a meno della parola dei nostri morti.»

(Michele Feo, Büchervernichtung ovvero la guerra di Pisa, p. 5).

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