Valera (1898)

Fonte:
Paolo Valera, Milano sconosciuta e Milano moderna: documenti umani illustrati, Milano, Società Editrice Internazionale, 1898.

«Gli inglesi non avranno la vivacità italiana. Ma nessuno, che li abbia studiati, metterà in dubbio che in fatto d’igiene domestica e sociale essi sono quasi al vertice degli ideali cittadini. E noi? Giudicatene dai paralleli che condensiamo in questa dispensa. [...]
Date, o signori consiglieri municipali e signori cronisti, date un’occhiata alle ritirate della Biblioteca Nazionale di Brera – il tempio dell’arte, della letteratura e della scienza visitato dal mondo internazionale e vedrete che a cinque minuti dalla sede civica è impiantata una vera officina di composti che diffondono l’odore assassino di tremila tuorli d’uova in completa putrefazione.
Una volta nell’ambiente, vi pare di essere nella stanza mortuaria di un cimitero nella quale i becchini abbiano dovuto ammonticchiare, nella quindicina di una epidemia spaventevole, duecento cadaveri per mancanza di fosse! Sono le ritirate dei nostri nonni. Ritirate chiuse in un buio pesto, senza sedili, senza sifoni per scaricarle almeno una volta al giorno, con le buche aperte a livello del suolo, con le buche eternamente circondate di gnocchi fecali che sprigionano i gas marciosi del bonzone dei pozzi neri, con le pietre delle buche imbrattate degli spandimenti degli straccioni che cercano un luogo comodo gratis, degli studenti che formicolano nella scuola della pittura, della scultura e della lettura!
Noi non denunciamo nessuno. Ma diciamo che in tempi in cui i delitti antigienici fossero puniti come i bimbicidii, i responsabili di questi ricettacoli di sedimenti contagiosi, sederebbero sul banco delle assisie.
La soluzione? Imitiamo l’Inghilterra che ha scavato il suolo e dato alla popolazione maschia e femmina di tutti i quartieri i water-closets e i pisciatoi moderni. E facciamo che queste istituzioni indispensabili alla vita collettiva non diventino una speculazione che costringa ancora la gente povera a scaricarsi dietro il Duomo, in un vicolo, o in un angiporto, o sotto il portico della Scala o magari sotto l’arcata di un portone della plutocrazia milanese.»

(Paolo Valera, Milano sconosciuta e Milano moderna, p. 132-142)

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