Vinay (1967a)

Fonte:
Gustavo Vinay, Pretesti della memoria per un maestro, Milano-Napoli, Ricciardi, 1967.

«E [Giorgio] Falco ascoltava e poiché non ne sapeva più di me badava alla coerenza e, la facciata non presentando vistose screpolature, andava sempre bene e io avevo una pessima opinione della scuola e soprattutto di me che mi sbattevo di qua e di là per il Piemonte in cerca di biblioteche che non c'erano e dove c'erano non sapevo da che parte cominciare né perché ci fossi venuto.»
(Gustavo Vinay, Pretesti della memoria per un maestro, p. 60).

«Interpretai così perché questo era un aspetto costitutivo di Falco pedagogo e lo sapevo ormai bene perché era un suo modo di rendere omaggio alla giustizia per la quale almeno una volta mi aveva spellato. Me lo vedo venir incontro in biblioteca con la faccia nera di mia madre quando nascondeva un salice dietro la schiena... e mi squadernò un libro con i margini segnati di punti esclamativi e di grossi insulti: le mie postille a Buonaiuti. Falco aveva una avversione viscerale per quel tipo di storiografia, ma l'uomo andava rispettato, non avendolo fatto avevo offeso prima di tutto lui Falco e poi me stesso e mi toccò incassare la più dura lezione della mia carriera. [...] E allora mi diede l'ultima zampata: comunque i libri delle biblioteche non si scarabocchiano, che era un modo di dirmi che sul fondo della questione ci si poteva anche metter d'accordo ma al tempo stesso un espediente per farmi ricordar a lungo il brucior della frusta con l'amaro della ragazzata che toglieva ogni decoro alla mia ribellione metodologica.»
(ivi, p. 61-62. L'episodio si colloca probabilmente nella Biblioteca della Facoltà di lettere dell'Università di Torino).

«Quel mio Gregorio di Tours ebbe poi una cattiva sorte. [...]
L'insuccesso del volume fu una delle tante ragioni che mi convinsero il senso storico e la fantasia esser gli unici beni dei quali i professori di storia sono del tutto sprovvisti. [...] Un prete notò in margine all'esemplare di una biblioteca qualcosa che vuol dire «a questo portano le storture del crocianesimo» ed espresse quello che dev'essere stato e certo ha da essere ancor oggi il giudizio dei miei pochi lettori.»
(ivi, p. 106-107).

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