Billanovich (1996)

Fonte:
Giuseppe Billanovich, Petrarca e il primo umanesimo, Padova, Antenore, 1996.

«La discesa a Roma confermò a [Pierre de] Nolhac la vocazione di storico dell’umanesimo e gli offrí mezzi vigorosi per servirla [...] e entrò nella Biblioteca Vaticana, biblioteca regina per gli studi umanistici anche in questa sua età grigia. Infatti mentre già il British Museum aveva ricevuto da Antonio Panizzi – che, attraverso il suo consorzio iniziale con Angelo Pezzana alla Palatina di Parma, vi aveva apportato l’eredità dei bibliotecari italiani dell’aureo Settecento – i nuovi ordinamenti e la cupola e mentre la Bibliothèque Nationale veniva regolata da Delisle, la Vaticana stava passando quasi in dormiveglia dal regime di riservatezza a quello di biblioteca pubblica: non ancora animata dalla magia di padre Ehrle, cioè dalla sua dottrina e dai suoi sacrifici, essa mostrava manoscritti e libri – come lo stesso Nolhac riferí novellando nei Souvernirs d’un vieux romain: Paris 19221 (19302) – con orari limitati, e per concessioni di favore, che a un decennio dalla breccia di Porta Pia potevano venir elargite piú facilmente a uno straniero, e anzi a un francese, che a un italiano. Infatti quella biblioteca divise come uno spartiacque i nostri protagonisti di quegli anni. [...] Il [Giovan Battista] de Rossi operò tra la sua creatura il Museo lateranense cristiano e la Biblioteca Vaticana: spartendosi mirabilmente tra la catalogazione d’un fondo di codici vaticani – i Palatini latini –, l’edizione delle Inscriptiones christianae urbis Romae e, spalla a spalla con l’altro gigante Teodoro Mommsen, l’edizione d’una grossa fetta, il tomo VI, I, dentro il territorio piú fitto e piú complicato, le epigrafi di Roma classica, del Corpus inscriptionum latinarum; [...] Al contrario il nostro maestro universitario allora piú luminoso, naturalmente Giosuè Carducci, mai passò la soglia della Vaticana, ricorrendo invece nelle sue discese a Roma ai surrogati modesti prima della Biblioteca Angelica e, dopo che lo ornò il laticlavio, della Biblioteca del Senato. [...] E alla Vaticana, racconta ancora Nolhac, veniva pure il Mommsen: portato dal de Rossi, che gli aveva fatto riservare il posto migliore; anche se poi questo ospite incomodo era l’unico a non alzarsi in piedi quando appariva nella sala di studio Leone XIII.».

(Giuseppe Billanovich, Pierre de Nolhac e Petrarca, p. 580-597: 581-583; il saggio apparve per la prima volta nel 1964: Nolhac e Petrarca (a cent’anni dalla nascita di Pierre de Nolhac), «Atti e memorie dell’Accademia Petrarca di letteratura, arti e scienze di Arezzo», n. s., 37 (1958-1964), p. 121-135, e successivamente nel 1977: Nolhac e Petrarca, in Studi di letteratura e di storia: in memoria di Antonio Di Pietro, Milano, Vita e pensiero, 1977, p. 315-331).

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