Foa (1991b)

Fonte:
Vittorio Foa, Il cavallo e la torre: riflessioni su una vita, Torino, Einaudi, 1991.

«Intanto davo esami, senza frequentare, alla facoltà di Legge. Conobbi Achille Loria, decrepito e poco rispettato. Luigi Einaudi e Pasquale Jannaccone erano molto autotorevoli ma non ebbero influenza su di me. Contò invece molto Francesco Ruffini; il suo rifiuto di giurare fedeltà al fascismo me lo fece amare molto, tanto che poi lessi tutti i suoi libri (soprattutto in carcere) e mi appassionai agli eretici italiani del Cinquecento, ai giansenisti e persino al giovane Manzoni.»
(Vittorio Foa, Il cavallo e la torre, p. 30).

«È logico che nella mia attività cospirativa in Giustizia e Libertà così come poi nei primi tempi del carcere io diventassi violentemente antigiolittiano. Le letture carcerarie rianimarono poi il mio apprezzamento tutto torinese per l'ordine e la mediazione, che ovviamente presupponevano disordine e conflitto.»
(Ivi, p. 53).

«Ma cosa è stato per me l'agire politico durante la lunga carcerazione? In apparenza mancava lo stesso presupposto di qualsiasi agire politico, cioè la possibilità di comunicare: non potevamo leggere giornali quotidiani, solo qualche rivista illustrata. Non potevamo ovviamente avere libri politici e anche per l'acquisto di libri normali, scientifici o letterari, occorrevano molti mesi. Posseggo documenti di archivio per i miei acquisti di libri: la domanda fatta al direttore passava al ministero della Giustizia (direzione degli Enti di prevenzione e di pena), di lì passava al ministero dell'Interno (direzione di Pubblica sicurezza) fino al capo della polizia, per tornare poi indietro con la stessa trafila fino a me. Non ho avuto, salvo per pochi mesi a Civitavecchia, il permesso di scrivere appunti, potevo solo corrispondere una volta la settimana con i genitori e i fratelli, le lettere erano censurate con un inchiostro che rendeva illegibili anche le parti innocenti e comunque eravamo attenti ad autocensurarci proprio per impedire quello scempio: i colloqui coi genitori erano rari e controllati (a Regina Coeli persino con un microfono).»
(Ivi, p. 90-91).

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