Verdone (2003a)

Fonte:
Sofia Corradi - Isabella Madìa, Un percorso di auto-educazione: materiali per una bio-bibliografia di Mario Verdone, Roma, Aracne, 2003.

«[Silvia] Corradi: Pur essendo, quasi ad ogni effetto ma non all’anagrafe, senese, tu sei considerato un autorevole studioso di romanistica. Infatti – come si è detto – appartieni da diversi decenni al Gruppo dei Romanisti, votato allo studio della storia e alla difesa delle tradizioni di Roma (inizialmente aveva sede presso lo studio di Augusto Jandolo, ma da tempo tiene le sue riunioni nello storico Caffè Greco in Via Condotti), e, alcuni anni orsono, sei stato cooptato quale Socio Ordinario dell’Istituto di Studi Romani (che il Comune di Roma ospita in un prestigioso palazzo sull’Aventino). Dal Professor [Mario] Petrucciani, Presidente di quest’ultimo sodalizio hai recentemente ricevuto l’invito a tenere la prolusione per l’inizio del loro anno accademico e l’evento è documentato in una videocassetta, a cura di Isabella Madia, posseduta dalla biblioteca sull’Aventino [Biblioteca dell’Istituto nazionale di studi romani]. Ti prego quindi di dirmi come hai cominciato ad interessarti a Roma e al Belli, e a quali anni risalgono i tuoi primi scritti su questi temi.
Verdone: Prima e durante la guerra io frequentavo, quando abitavo a Siena, la Biblioteca Comunale di Via della Sapienza [Biblioteca degli Intronati]. Avevo conquistato l’amicizia e la stima del Direttore, Dottor Fabio Iacometti, il quale mi concesse di accedere al Fondo Porri che era una collezione di autografi depositata presso la Biblioteca. Nessuno dei frequentatori era ammesso a consultare il Fondo Porri – che era addirittura generalmente ignorato – ma a me fu consentito di esplorarlo perché il Dottor lacometti aveva letto qualche mio articolo sui giornali senesi e aveva apprezzato soprattutto quelli di carattere filologico; [...] La letteratura su Siena in quel momento mi interessava enormemente proprio per l’attaccamento che avevo alla mia città. Avevo letto Paul Bourget e le sue Sensations d’Italie da cui avevo tratto poi l’argomento per un articolo su Sienne la rouge, rossa per i mattoni, come si vede nei dipinti quattrocenteschi che sono al Comune o alla Pinacoteca di Via San Pietro. Leggevo Langton Douglas, uno studioso inglese che aveva scritto la storia di Siena. Leggevo Sienne la bien amiée, del francese André Suarez. Insomma tutti gli scrittori che si erano occupati di Siena mi attiravano, e questo mi procurava la fiducia e la simpatia del Direttore della Biblioteca.
Sfogliando, consultando le varie “filze”, cosi venivano chiamati i gruppi dei manoscritti del Fondo Porri, scoprii molti testi che effettivamente erano inediti e che potevano essere pubblicati con profitto per la informazione generale, ma, sia consentito, anche con profitto mio perché mi permettevano di mettermi in luce altresì, per così dire, come “filologo”. Ed ecco l’incontro con una lettera inedita di Voltaire, con lettere di Ippolito Nievo, con sonetti autobiografici di Edmondo De Amicis, inediti che pubblicai sulla rivista “Ausonia” diretta dallo scrittore Luigi Fiorentino, rivista che usciva a Siena. Tra i vari manoscritti trovai alcuni testi romani, per esempio, poesie di Filippo Pistrucci. [...] Però il romano che mi interessò di più, ovviamente, non poteva che essere Giuseppe Gioachino Belli, anche perché da tempo avevo letto i suoi sonetti, sia pure in vecchie edizioni. A quell’epoca il Belli non era molto celebrato. Era anche il periodo in cui, col fascismo, tutto ciò che era dialettale prudentemente veniva tenuto in disparte, e quindi il Belli, il Porta e il meglio del teatro dialettale. Siamo immediatamente prima della guerra.»
(Sofia Corradi, Primi scritti sul Belli e su Roma, in Sofia Corradi - Isabella Madìa, Un percorso di auto-educazione, p. 93-95)

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