Nicoletto (1930)

Fonte:
Italo Nicoletto, Lettere dal carcere, dal confino, dall’esilio, prefazione di Paolo Spriano, testo e note a cura di Paolo Corsini e Maurizio Magri, Brescia, Micheletti, 1980.

«Io sto benone: di giorno in giorno mi ambiento sempre piú al luogo e mi abituo alla nuova esistenza: quando sono stanco di star qui in camerone o dormitorio come vuoi chiamarlo, vado un po’ giù a Lipari a passeggio [...]; stanco di passeggiare mi riduco o in biblioteca oppure in riva al mare. E qui resto molto tempo canticchiando Madame Butterfly:
Un bel dì vedremo
levarsi un fil di fumo
là in su l’estremo
confin del mar...
e aspettando anch’io di veder levarsi il fil di fumo del piroscafo che dovrà portarti qui.»
(Italo Nicoletto, lettera al padre dal confino politico di Lipari, 19 luglio 1930, p. 56. Arrestato nel 1927 per attività sovversiva e condannato nel 1928 a tre anni di reclusione, Nicoletto scontò la pena presso il carcere di Viterbo, dove si legò al collettivo dei detenuti comunisti partecipando attivamente a varie agitazioni; scontata la pena fu considerato elemento politicamente pericoloso, quindi condannato a due anni di confino e destinato alla colonia di Lipari; qui, tra il 1930 e il 1931 fu incaricato di dirigere la biblioteca, e in qualità di direttore scrisse a Benedetto Croce chiedendogli l’invio de «La critica»).

«Ti hanno detto, quando sei andato a informarti in Questura che finora la mia condotta è buona. Lo credo bene io! E non potrebbe essere altrimenti. E ti dico subito il perché.
Alla mattina esco verso le nove per andare a prendere la mazzetta.
Vado in biblioteca dove resto un paio d’ore e ritorno a casa. A mezzogiorno vado alla mensa a mangiare e finito ritorno a casa, da dove non esco che alle sei di sera per andare di nuovo alla mensa. Dopo cena un’ora o due di passeggio sul corso principale di Lipari. Alle otto immancabilmente sono a casa; e di là fino alla mattina seguente alle nove non esco.
Come vedi tutto il mio tempo lo trascorro a casa o in biblioteca (qui esiste una discreta biblioteca dei confinati politici). Bere non bevo, a nessuno do fastidio o disturbo, m’interesso dei fatti miei e lascio gli altri sbrigarsi i loro.
Di più non so fare e non faccio.»
(lettera al padre dal confino politico di Lipari, 25 settembre 1930, p. 62).

«mai come nei giorni passati sono stato in una continua (non dico spaventosa perché sarebbe troppo) tensione nervosa che mi impediva di eseguire anche i miei più elementari doveri del giorno (come la contabilità della biblioteca, lettura dei giornali, rispondere alle lettere ricevute, ecc.). Ho trascorse alcune giornate che posso chiamare veramente nere.»

(lettera alla madre dal confino politico di Lipari, 28 dicembre 1930, p. 68).

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