Gallino (2001)

Fonte:
Luciano Gallino, L'impresa responsabile: un'intervista su Adriano Olivetti, a cura di Paolo Ceri, Torino, Edizioni di Comunità, 2001.

«l’istituzione fondamentale dell’azienda di Adriano è stata il Centro culturale Olivetti, ch'era parte integrante – va evidenziato – della sua struttura organizzativa. Aveva esordito nel 1950 organizzando a Ivrea una grande mostra dedicata a 25 anni di pittura italiana. Formalmente faceva parte dei Servizi sociali, che a loro volta erano alle dipendenze del direttore del personale. [...]
Tutte le sue manifestazioni erano in genere gratuite e aperte a tutti, con l’eccezione del prestito della biblioteca di letteratura contemporanea (che peraltro comprendeva anche classici e testi di storia e saggistica varia) che era riservato ai dipendenti della fabbrica.
La biblioteca aziendale, istituita nel 1940 e cresciuta senza posa negli anni di Adriano, quale parte integrante del Centro culturale, era collocata nella fascia dei Servizi sociali, dove si trovava anche il mio ufficio. Comprendeva, nella seconda metà degli anni Cinquanta, tre principali sezioni. La sezione di narrativa già citata, la sezione di scienze sociali che io stesso avevo contribuito a sviluppare, e una sezione di alta saggistica, forte di circa 30 000 volumi. Per dare un’idea di quale livello fosse quest’ultima, pur sempre parte di una biblioteca di fabbrica, basterà dire che giusto dinanzi al mio ufficio c’era uno scaffale contenente un’edizione imperiale completa delle opere di Kant (la Koeniglich-Reichliche Gesamtausgabe) dei primi del Novecento. Non lontano era collocata l’edizione critica del 1956 di Wirtschaft und Gesellschaft di Max Weber. Un’opera intimidente – due volumi di un migliaio di pagine – la cui traduzione, dottamente curata da Pietro Rossi con una fatica di anni, avrebbe inaugurato nel 1961 la magnifica collana dei classici della sociologia pubblicata dalle Edizioni di Comunità. Una collana che per l’impegno anche finanziario richiesto era stata programmata evidentemente quando l’ingegner Adriano ne era ancora il direttore.
Alla sezione di saggistica della biblioteca potevano accedere, su presentazione, anche persone che venivano da fuori. Tra gli altri era regolarmente frequentata da giovani studiosi dell’Università di Torino, dato che, soprattutto per quanto riguardava le nascenti scienze sociali, sociologia e antropologia, soltanto a Ivrea si trovavano i libri cercati. Credo che all’epoca non vi fosse nulla di paragonabile a tale istituzione posta letteralmente e simbolicamente all’ombra di un grande stabilimento industriale.»

(Luciano Gallino, L'impresa responsabile, p. 101-103).

«la fabbrica era davvero una parte della comunità, una fabbrica profondamente radicata nel territorio, dove il tecnico, l’operaio, l’impiegato e il dirigente abitavano spesso a pochi isolati di distanza e si ritrovavano alla mensa, alla biblioteca per prendere un libro in prestito, al cinema, alle conferenze del Centro culturale. [...]
Questo ha probabilmente contribuito ad alimentare la situazione che ricordavo prima, di un'azienda dove l'operaio che veniva a prendere un libro in biblioteca, o che si incontrava nella Commissione interna, con cui si scambiava qualche parola durante la mensa, si dimostrasse singolarmente bene informato su come andava la fabbrica, su quali erano i problemi di fondo e le situazioni contingenti da affrontare.»

(ivi, p. 75 e 77).

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