Pasolini (1953-1954)

Fonte:
Pier Paolo Pasolini, Lettere: con una cronologia della vita e delle opere, a cura di Nico Naldini, Torino, Einaudi, 1986-1988.

«Caro Ciceri,
t'incalzo con uno stillicidio di favori, perdonami. Sto impazzendo col mio lavoro (sai che fra l'altro la Nazionale di Roma è crollante, oltre che disordinata: sí che adesso per due settimane è del tutto chiusa). Avevo chiesto alla [Novella Aurora] Cantarutti (come sai) di farmi avere in prestito un libro di suo possesso (il Chiurlo) e uno della biblioteca di Udine (Ive A., Canti popolari istriani, Roma 1877): mi è arrivato proprio ieri il solo Chiurlo. Ora tu dovresti andare in biblioteca [a Udine], ritirare per tuo conto il volume dell'Ive e spedirmelo subito. Entro tre o quattro giorni al massimo lo riavresti. Puoi farlo? Ti chiedo di nuovo scusa, e ti stringo con tutto l'affetto la mano»

(Pier Paolo Pasolini, lettera a Luigi Ciceri, Roma, 25 settembre 1953, vol. 1, p. 601).

«Caro Leonetti,
qui si parrà la tua nobilitate. Oggi ho avuto in biblioteca il colpo di grazia: per quindici giorni la Nazionale [di Roma] è chiusa a tutti gli effetti.
Io devo consegnare l'Italia Sett. a Guanda il 10 ottobre: sono perciò alla disperazione. Mi aggrappo a te, non potresti richiedere per te, o fingere che richieda Roversi, i libri di cui ti ho dato l'elenco, e mandarmeli privatamente [da Bologna]? Hanno fatto questo per me già degli impiegati alla biblioteca di Udine (la Cantarutti, ch'è mia amica) e di Venezia (lo Sguerzi, che conosco attraverso mio cugino): perché tu non lo potresti fare? Bada che in pochissimi giorni avresti i libri intatti, con la massima puntualità e esattezza. Sono veramente angosciato di gettare sulla nostra rinascente amicizia questa maledetta ombra: sono certo però che la «rinascente amicizia» resisterà. Mi sei stato simpaticissimo: tu e tutta la tua famigliola. Una miglior riuscita sentimentale non potevi avere.
[...] Ah, dimenticavo: mandami i dati (stavo per dire bibliografici) di quel tuo meraviglioso sapone per barba.»

(Pier Paolo Pasolini, lettera a Francesco Leonetti, [Roma] 25 settembre 1953, vol. 1, p. 602).

«Carissimo Leonetti,
è stata proprio la disperazione di una decina di giorni fa a farmi scrivere quella lettera, di cui poi mi sono cosí atrocemente pentito, soprattutto per il ricatto, che potevo davvero risparmiare. Comunque tu esci trionfante: con tutta la «nobilitate» piú che parsa, esplosa. Lo dico scherzosamente, ma non scherzo. Accetto in pieno la tua lezione sulla pazienza da esercitarsi sopra le biblioteche: stavolta è stato un attacco frontale, garibaldino. La prossima volta sarò Fabio Massimo. Intanto non soffrire: i libri sono giunti e in parte utilizzati, fra pochi giorni faranno ritorno a Bologna, e la loro avventura sarà felicemente terminata».

(Pier Paolo Pasolini, lettera a Francesco Leonetti, Roma 5 ottobre 1953, vol. 1, p. 609).

«Caro Leonetti,
un rapidissimo biglietto, tra gli ingranaggi della mia giornata in cui vivo coi soli nervi: ti spedisco finalmente il pacco, dopo il previsto. Tengo ancora per due o tre giorni il Visconti...»

(Pier Paolo Pasolini, lettera a Francesco Leonetti, Roma 29 ottobre 1953, vol. 1, p. 612).

«Caro Contini,
le Sue lettere hanno sempre un potere magico: inoculato di gioia, è una settimana che non mi accorgo del vecchio travaglio ferroviario e scolastico: Ciampino è a due passi, i miei scolari dei geni, i pischelli suburbani dei fiori. Si è placato perfino il rancore per le crepe della Nazionale, da cui il mio lavoro – orgia e orgasmo, sulla poesia popolare per una nuova antologia guandiana – è inceppato...»

(Pier Paolo Pasolini, lettera a Gianfranco Contini, Roma 22 novembre 1953, vol. 1, p. 616).

«Caro Sereni,
ti mando finalmente «il canto popolare»: ho cosí tardato un po' perché volevo lasciar depositare le ultime correzioni e vedere se funzionavano, ma soprattutto perché dovevo citare alcuni versi popolari, piemontesi e siciliani, da libri che si trovano solo alla Nazionale, e la Nazionale era chiusa: adesso poi che è aperta quei libri sono in prestito...»

(Pier Paolo Pasolini, lettera a Vittorio Sereni, Roma 2 gennaio 1954, vol. 1, p. 627).

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