De Roberto (1882)

Fonte:
Federico De Roberto, Romanzi, novelle e saggi, a cura di Carlo A. Madrignani, Milano, Mondadori, 1984.

«Una bella mattina, tra le stampe che la posta gli portava a cataste, ricevette da Palermo il primo fascicolo dell’Araldo Sicolo, opera istorico-nobiliare del Cavaliere don Eugenio Uzeda di Francalanza e Mirabella. Come lui, tutti i parenti, i sottoscrittori, i circoli ne ebbero un esemplare. L’opera storico-nobiliare cominciava con Brevi cenni amplificati sulle dinastie che avevano regnato nell’isola: Real Casa Normanna, Real Casa Sveva, Real Casa d'Angiò e così via discorrendo fino alla Real Casa Sabauda – così il cavaliere aveva riconosciuto la nuova monarchia per vendere copie del libro alle biblioteche dello Stato.»

«La storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e saranno sempre gli stessi. Le condizioni esteriori mutano; certo, tra la Sicilia di prima del Sessanta, ancora quasi feudale, e questa d’oggi pare ci sia un abisso; ma la differenza è tutta esteriore. Il primo eletto col suffragio quasi universale, non è né un popolano, né un borghese, né un democratico: sono io, perché mi chiamo principe di Francalanza. Il prestigio della nobiltà non è e non può essere spento. Ora che tutti parlano di democrazia, sa qual è il libro più cercato alla biblioteca dell’Università, dove io mi reco qualche volta per i miei studii? L’Araldo Sicolo dello zio don Eugenio, felice memoria. Dal tanto maneggiarlo, ne hanno sciupato tre volte la legatura! E consideri un poco: prima, ad esser nobile, uno godeva grandi prerogative, privilegi, immunità, esenzioni di molta importanza. Adesso, se tutto questo è finito, se la nobiltà è una cosa puramente ideale e nondimeno tutti la cercano, non vuol forse dire che il suo valore e il suo prestigio sono cresciuti?»

(Federico De Roberto, I viceré, in Romanzi, novelle e saggi, p. 411-1103: p. 950 e p. 1100-1101. Il romanzo fu pubblicato nel 1882).

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