Pintor (1937-1940)

Fonte:
Giaime Pintor, Doppio diario, 1936-1943, a cura di Mirella Serri, con una presentazione di Luigi Pintor, Torino, Einaudi, 1978.

«Carissimi,
ho ripreso stamani le mie gite alla biblioteca universitaria [Alessandrina] ma ho lasciato per oggi S. Tommaso e ho preso le due prime annate della «Voce». Lo zio [Fortunato Pintor] dice che continuando cosí farò un bellissimo confronto tra S. Tommaso e Papini e mi esorta a darmi a studi piú propriamente giuridici. Io naturalmente lo lascio cantare. Appena finito il lavoro di filosofia del diritto comincerò un corso regolare di letteratura francese.»
(Giaime Pintor, lettera alla famiglia, Roma 7 gennaio 1937, in Doppio diario, p. 20).

«Con tutto questo, i libri di storia di Volpe e quelli di filosofia di Croce, sono ben lontano dall'essere un martire del lavoro.
Sono anzi il vero e ortodosso edonista il quale, come insegnava il famoso Cireneo, non prende i suoi beni alla giornata ma affronta dei sacrifici per ottenere un bene maggiore. Cosí quelli che ora si divertono nei cortili dell'università mentre io sto in biblioteca avranno poi da servire a una vita faticosa di cui io sarò invece il padrone.»
(Giaime Pintor, lettera alla famiglia, Roma 30 gennaio 1937, in Doppio diario, p. 23).

«Ho ripreso il solito sistema di vita di cui è simbolo la biblioteca universitaria. Devo avere un aspetto molto triste quando leggo Corneille, in pesanti volumi del secolo scorso, «arricchiti» del modernissimo commento di Voltaire. Mi consolo ogni tanto con qualche lettura piú amena. Ho cominciato La famiglia dispersa; mi pare un notevole romanzo e, anche se non avesse dei grandi pregi artistici, sarebbe interessante la rappresentazione di un mondo cosí lontano e per il quale ho molta simpatia. Tutte quelle «onorevoli» persone sono figure simpaticissime. È indubbia del resto la superiore civiltà di un popolo che chiama onorevole anche il brigante di strada e la donna pubblica in confronto agli occidentali che riservano quell'appellativo ai soli deputati. (Va bene che i deputati sono per definizione uomini pubblici e comprendono non pochi briganti).»
(Giaime Pintor, lettera alla famiglia, Roma 9 aprile 1937, in Doppio diario, p. 26-27).

«Quell'inverno di lavori accaniti e di [    ] scoperte non conobbi ragazze. La mattina mi chiudevo nella biblioteca dell'università e guardavo attraverso le grandi vetrate le ragazze che passeggiavano in giardino e quella folla di giovani per cui provavo un senso di vaga inimicizia. Mi tenevo separato e [    ] abbandonandomi al piacere dei progetti ambiziosi».
(Giaime Pintor, diario, in Doppio diario, p. 27-28. Gli spazi in bianco sono lasciati dall'autore).

«Carissimi,
ho finito sabato, ingloriosamente, il mio primo anno di giurista. [...] Fiacchi battimani nelle aule ormai troppo calde e retoriche frasi di quelli che si dicono maestri di scienza. Impiegati anche piú sonnolenti in biblioteca, studentesse bruttissime vestite con abiti civettuoli, circolari sempre più cariche di gente oltraggiosa e sudata.
Lunedí comincieranno gli esami. Siamo ottocento, purtroppo, e gli esaminatori sono pochi, deboli e vecchi; resisteranno alla marea?»
(Giaime Pintor, lettera alla famiglia, Roma 31 maggio 1937, in Doppio diario, p. 30).

«Carissimi,
le mie giornate hanno improvvisamente cambiato aspetto: risuonano ora di armi e di appelli militari [...].
Ho accettato volentieri questa fatica che mi sottrae per dieci giorni al grigio orario di biblioteca e che serve da preludio alla vera vita militare.»
(Giaime Pintor, lettera alla famiglia, Roma 24 gennaio 1938, in Doppio diario, p. 35-36).

«Ai primi di dicembre [1939] tornai a Roma per riprendere la mia vita universitaria nella sua forma piú piena. La chiamo universitaria per una coincidenza di tempi, non perché la scuola avesse una parte importante nell'ordine dei miei impegni. L'università era semmai il luogo di convegno per alcune ore del giorno; fra la biblioteca e i giardini si trovavano tutte le persone che desideravo vedere e senza ascoltare mai una lezione, passai intere mattinate a discorrere e a studiare in quelle aule.»
(Giaime Pintor, diario, in Doppio diario, p. 67).

«Carissimi,
è inutile che vi racconti che i tedeschi sono a Sedan e che Churchill designerà domani i nuovi ministri. [...] C'è perfino il senato in seduta e le ultime velleità di studio si rompono contro questo ostacolo della biblioteca chiusa; passo quasi tutta la mattina all'università a conferire con amici e a combattere con gli ultimi fastidi scolastici (tasse, firme).»
(Giaime Pintor, lettera alla famiglia, Roma 14-15 maggio 1940, in Doppio diario, p. 71).

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