Buonaiuti (1945a)

Fonte:
Ernesto Buonaiuti, Pellegrino di Roma: la generazione dell'esodo, a cura di Mario Niccoli, introduzione di Arturo Carlo Jemolo, Bari, Laterza, 1964.

«Di pari passo, la mia famelica avidità di conoscenze e di letture andava accattando d'ogni parte il suo possibile alimento. Ricordo ancora la gioia che mi inondò quella mattina che, andando a rovistare negli scaffali della solitaria biblioteca seminaristica, situata nel salone soprastante alla chiesa di Sant'Apollinare, rinvenni e cominciai a leggere la Storia della Lega Lombarda, dettata nel 1848 dal monaco cassinese Luigi Tosti. Fui preso da un senso entusiastico di esaltazione, che sembrò destare e accendere d'improvviso nel mio spirito giovanile un desiderio frenetico di non abbandonare più il solco storico, tracciatomi da quell'opera provvidenzialmente rinvenuta. Cercai uno dopo l'altro i volumi del Tosti che erano nella biblioteca. Ero di consueto il solo lettore lassù, e la mia ansia aveva modo di appagarsi a suo libito. I volumi dell'ardente monaco benedettino, che aveva avuto il suo quarto d'ora di rinomanza politica, oltre che storico-letteraria, quando si era ardimentosamente fatto avanti per patrocinare una possibile conciliazione del papato col governo italiano, passarono uno dopo l'altro per le mie mani: la Storia di Bonifacio VIII e dei suoi tempi, la Storia della contessa Matilde, la Storia dell'Abbadia di Montecassino, soprattutto i Prolegomeni alla storia universale della Chiesa. [...] Se l'amore del passato cristiano era probabilmente insito nel mio spirito dai primi albori della mia vocazione culturale, i volumi di padre Tosti gli diedero una sagoma definitiva. [...]
Un mio compagno, chierico non aggregato ad alcun collegio ecclesiastico, che era quindi nella possibilità di adire le pubbliche biblioteche romane e di prenderne a prestito i volumi, mi si offrì per passarmi le opere che egli veniva successivamente mutuando dalla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele. Mi pervennero così nelle mani le opere destinate a esercitare nella mia anima inquieta un'azione ben più profonda di quella svoltavi dagli insegnanti di teologia. Il mio buon amico che si prestò a questa bisogna, destinato più tardi ad occupare la dignità di canonico teologo in una grande diocesi dell'alta Italia, avvolto in una ben meritata aureola di santità e di abnegazione, non ha mai saputo probabilmente quanto la sua prestazione fraterna abbia contribuito ai rivolgimenti della mia psiche e alle vicende movimentate del mio curriculum ecclesiastico.
Solo per suo tramite mi fu possibile, sui miei vent'anni, leggere le Critiche kantiane e L'Action di Maurizio Blondel. Ed io ricordo come oggi l'intimo senso di voluttuoso compiacimento con cui io volli nella prima notte del secolo ventesimo trascorrere insonne le ore delle tenebre, tuffato nella lettura di quell'opera magistrale e riboccante di «spirito di finezza», in cui il Blondel ha cercato di individuare, traccia per traccia, il cammino lungo il quale sale a Dio nella vita il nostro indomabile e mondanamente inappagabile bisogno di Eternità e di Assoluto.
Kant mi lasciò invece ostico e refrattario.»

(Ernesto Buonaiuti, Pellegrino di Roma, p. 31-32. La prima edizione uscì a Roma presso Darsena nel 1945).

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