Le Goff (1996)

Fonte:
«Hospes eras, civem te feci»: italiani e non italiani a Roma nell’ambito delle ricerche umanistiche, introduzione a cura di Paolo Vian, premesse di Carl Nylander e Romolo Guasco, Roma, Unione internazionale degli istituti di archeologia, storia e storia dell’arte in Roma, 1996.

«Piuttosto, la frequentazione del Vaticano fu preziosa per il mio lavoro di giovane storico. Avevo già amato le biblioteche dell’École normale di Parigi e del Carolinum di Praga e la superba Bodleiana di Oxford; ma a Roma avvertii più che mai – e fu questo il terzo motivo della mia felicità – il fascino delle biblioteche. A palazzo Farnese le nostre camere erano circondate (tranne che per la parete in cui si aprivano le finestre sulla piazza) dai locali della biblioteca. Questa era più ricca di opere sull’antichità che di opere sul medioevo, nonostante che uno dei direttori della Scuola fosse stato Émile Mâle; tuttavia mi forniva i manuali e le raccolte indispensabili per il mio lavoro. Vivere in mezzo ai libri mi piaceva molto: spesso mi accadeva, per essere stato alzato fino a tardi o per essermi svegliato di notte, di uscire dalla mia camera in pigiama per andare a prendere, a pochi passi di distanza, dei libri nei quali mi immergevo e che contribuirono a fare di me un lavoratore notturno. Ebbi poi accesso ai tesori dell’incomparabile Biblioteca Vaticana, aperta solo di mattina, il che ci lasciava liberi i pomeriggi e le serate per lavorare a palazzo Farnese o andare in giro per Roma. Con l’aiuto del padre Laurent e di monsignor Ruysschaert, che sarebbe diventato poi viceprefetto della Biblioteca, trovai nei libri e nei manoscritti della Vaticana alimento per avventure intellettuali che un medievalista non può vivere con uguale ricchezza e intensità in nessun altro luogo, neppure nella Bibliothèque Nationale di Parigi.
Ho conservato tanta nostalgia della Vaticana che una trentina d’anni dopo sono venuto per tre mesi a Roma a ultimare il mio libro La naissance du Purgatoire: non solo per godere ancora dell’ospitalità della Scuola francese – questa volta nello splendido annesso di piazza Navona, opportunamente acquistato nel 1975 –, ma soprattutto per riprendere ogni mattina la strada di quella straordinaria biblioteca.
Alla fine di ottobre del 1953, dopo le ultime settimane di lavoro e di passeggiate, lasciai il palazzo Farnese per un posto di ricercatore presso il Consiglio nazionale della ricerca scientifica di Parigi; e voltandomi indietro in via dei Baullari sentii, come non mi era mai avvenuto lasciando altre dimore, il mio cuore riempirsi di gratitudine per Roma e stringersi già di nostalgia.»

(Jacques Le Goff, Un «farnesiano» a Roma, in: «Hospes eras, civem te feci», p. 45-50: 49-50).

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